AGI - “Previsioni certe non siamo in grado di farne. E’ in corso una sequenza sismica che non finisce oggi e quindi possiamo aspettarci ancora nuovi eventi e anche una crescita in termine di magnitudo. I terremoti stanno, infatti, aumentando sia in termini di energia che di numero. Solo nell’ultima settimana ne abbiamo avuti oltre 250, quindi stiamo parlando di un fenomeno molto attivo, legato al bradisismo del vulcano dei Campi Flegrei il cui magma ad alcuni km di profondità genera una spinta verso l’alto e il conseguente sollevamento in superficie di circa un centimetro e mezzo al mese, determinando la sismicità.”
Così Carlo Doglioni, presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), ha fatto il punto con AGI sulla situazione sismica dell’area dei Campi Flegrei dopo la scossa di magnitudo 4.2, avvenuta alle ore 3.35 di questa notte e avvertita sia nell’area flegrea che distintamente a Napoli. La scossa, come sottolineato dal prof. Doglioni, è stato solo uno degli eventi sismici di una sequenza che si sta protraendo da diversi mesi e che per uno studio pubblicato a giugno su “Communications Earth & Environment” a cura di ricercatori dell’ University College London e dell’INGV, ha causato un progressivo indebolimento nella crosta della caldera dei Campi Flegrei.
Dalla ricerca risulta che la crosta della caldera flegrea starebbe attraversando un progressivo passaggio da una fase “elastica” a una “inelastica”, passaggio che potrebbe avere esito in una rottura della caldera dei Campi Flegrei. Sul punto il prof. Doglioni ha dichiarato: “Al momento non ci sono indicazioni in tal senso, perché se ci fosse una evoluzione di questo tipo dovremmo vedere un aumento significativo dei gas emessi in superficie, cosa che al momento non osserviamo, però è chiaro che la possibilità rimane aperta, e nulla viene escluso. L’evoluzione delle prossime settimane sarà importante per capire lo sviluppo della crisi bradisismica”.
Quanto a una possibile eruzione che secondo alcuni studiosi come Giuseppe Mastrolorenzo potrebbe essere addirittura una “supereruzione per energia decine di volte superiore a quella del 79 d.C. di Pompei”, il prof. Doglioni precisa: “Noi non abbiamo indicazioni che ci sia magma vicino alla superficie. Non sappiamo se dalla profondità della camera magmatica siano iniziati a risalire dei fusi magmatici. Sicuramente sono risaliti dei fluidi, come l’acqua della quale è imbevuta la crosta che viene riscaldata e quindi tende a salire verso la superficie. Il tutto determina una pressione verso l’alto, l’inarcamento del suolo e la sismicità.”
A fronte di un quadro in evoluzione e ancora non definito l’attenzione è estremamente elevata e la collaborazione dell’INGV con le autorità preposte a gestire le emergenze è continua. “Da quanto è a nostra conoscenza – conclude Doglioni – i comuni coinvolti si sono attivati a tempo debito e hanno dei piani adeguati. La nostra collaborazione con la Protezione Civile è massima”. (AGI)