AGI - Il boss mafioso Matteo Messina Denaro, 61 anni, è morto all'ospedale dell'Aquila dove si trovava ricoverato per un cancro al colon. Il boss era stato arrestato il 16 gennaio scorso in una clinica di Palermo dopo trenta anni di latitanza. Era in coma irreversibile da venerdì scorso.
Al capezzale di Messina Denaro, nel nosocomio aquilano di San Salvatore, erano la figlia Lorenza, la nipote Lorenza Guttadauro e la madre del boss, l'ultraottantenne Lorenza Santangelo moglie di "Don Ciccio" Messina Denaro, capomafia della provincia di Trapani alla fine degli anni 80.
Il boss di Cosa Nostra era in carico al team della terapia del dolore dopo la sospensione delle cure per il tumore in fase terminale. Era stato ricoverato in ospedale l'8 agosto scorso, dopo avere sostenuto le cure chemioterapiche nel carcere delle Costarelle, in cui era detenuto in regime di 41 bis.
La salma trasferita in obitorio per autopsia
La salma di Matteo Messina Denaro è stata spostata dalla cella riservata ai detenuti del 41bis all'obitorio del carcere di L'Aquila, nei locali sotterranei inaccessibili, dove neanche la figlia Lorenza e la nipote Lorenza Guttadauro (suo avvocato di fiducia) che da giorni si sono trasferite in città per stare accanto al boss, possono avvicinarsi.
Il corpo del boss di Castelvetrano dovrà infatti essere sottoposto ad autopsia prima di lasciare il capoluogo della regione Abruzzo per essere tumulato a Castelvetrano.
Il sindaco Castelvetrano, "C'è un'aria nuova"
A Castelvetrano - dove Matteo Messina Denaro è nato e cresciuto e ha costruito la sua carriera criminale - si respira da oggi "un'aria nuova". "Ma questo capitolo nuovo - spiega all'AGI il sindaco Enzo Alfano, appresa la notizia della morte del boss all'Aquila - è parte di un percorso già iniziato, che deve continuare e deve condurre alla piena consapevolezza di chi era Matteo Messina Denaro: un assassino uno stragista". Da decenni tempo Messina Denaro, prosegue Alfano, "non apparteneva più a questa città: totalmente scomparso, gli unici ricordi che i cittadini hanno della sua giovinezza era di un uomo prepotente, che faceva paura".
"La sua latitanza - sottolinea all'AGI il sindaco Alfano - ha fatto male a questa terra, è stata una cappa invadente che ha impedito a questo territorio di dispiegare tutte le sue potenzialità. Il nostro percorso ci deve portare a essere antimafiosi per eccellenza, a impedire che determinate situazioni possano ricostituirsi. Il terreno è stato coltivato da decenni da questi criminali, ed è una minoranza che ha condizionato questo territorio: parecchi di loro sono in galera, adesso è morto il loro capo, si potrà respirare aria nuova e c'è una rete istituzionale che consente a chiunque voglia investire e lavorare qui sa oggi di trovare un territorio diverso, sano".
Centrale diventa il tema dei beni confiscati alla mafia e, in particolare, ai Messina Denaro. "Qualche mese fa abbiamo incontrato in prefettura l'Agenzia dei beni confiscati - spiega Alfano - e abbiamo manifestato l'intenzione di prenderli tutti in carico: sono circa un centinaio, buona parte dei quali riferibili a Messina Denaro: speriamo che tanti giovani imprenditori, agricoli e non, si avvicinino, se li aggiudichino e li facciano sviluppare in un'economia che dalle nostre parti è piuttosto asfittica. Si tratta di terreni e anche immobili molto interessanti per un'imprenditoria seria e sana".