AGI - Da Brescia è partita una possibile 'rivoluzione' nella gestione dei beni confiscati nell'ambito della lotta alla criminalità economica. Finora lo Stato pagava sempre e comunque le spese di 'mantenimento' di questo tipo di beni. Nel caso di uno yacht confiscato a un evasore, per esempio, gli toccavano l'assicurazione, il posto del parcheggio, la manutenzione.
Ora, se il demanio non ritiene il bene di interesse pubblico potrà venderlo. "Questo significa che lo Stato ci guadagnerà due volte: non dovendo pagare le spese e incassando dal compratore" spiega all'AGI il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli tra i firmatari dei due protocolli, il secondo datato 11 luglio, che hanno segnato la svolta.
I soldi presi dalla vendita, si legge nel documento, "affluiscono al Fondo Unico Giustizia ovvero al Bilancio dello Stato in conformità a quanto sarà indicato nel Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato".
La confisca, precisa il magistrato, "è obbligatoria in reati tributari, truffe e frodi ai danni agli enti pubblici, usura, riciclaggio e autoriciclaggio, reati in materia informatica" e quindi con quel bene sequestrato, di qualsiasi natura sia, bisogna farci i conti. "Se lo Stato individua una destinazione pubblica per quel bene allora lo mantiene, pensiamo per esempio a un immobile 'trasformato' in caserma, altrimenti prova a venderlo - aggiunge Rispoli -. Insomma se tenerlo è un vantaggio per i cittadini non ce ne se priva, se no via libera".
Dopo la sentenza definitiva il destino del bene confiscato è lineare: entro 30 giorni la cancelleria, dopo l'ok del giudice, interessa l'Agenzia del demanio chiedendole se ritiene di tenerlo oppure venderlo. In questa seconda eventualità affida l'incarico di cederlo a dei professionisti o istituti autorizzati.
Il protocollo è stato firmato da tutti gli enti coinvolti: Tribunale, Corte d'Appello, Procura e Procura Generale di Brescia, Comando Regionale della Guardia di Finanza, Agenzia del Demanio. Agenzia delle Entrate. "Credo che quello partito da Brescia sia un esperimento di élite - conclude Rispoli - e speriamo che coinvolga sempre di più altre realtà".