AGI - Quante volte ci è capitato di essere a cena fuori con gli amici o col partner e dare un occhio allo smartphone? Magari perché no, anche guardare gli ultimi post pubblicati dai nostri contatti su Facebook o Instagram, rispondere alle chat di Whatsapp, controllare la mail. E quante volte ci siamo accorti che facendolo ci siamo assentati dalla situazione e dalla conversazione, ignorando i nostri interlocutori presenti lì accanto a noi?
È questo il phubbing, termine che unisce le parole “phone” e “snubbing”. Descrive l’atto di snobbare qualcuno in un ambiente sociale: viene preferito l’uso dello smartphone all’interazione sociale con la persona o le persone presenti.
Phubber e phubee, chi sono e cosa fanno
Il phubber è colui che snobba gli altri, mentre il phubbee è colui che ne subisce le conseguenze vedendosi ignorato. Per alcuni può essere così irritante che dal 2013 è online la campagna Stop Phubbing nata per prendere in giro i ‘maniaci del telefonino’. Ma se il fenomeno riguarda il rapporto di coppia possono esserci conseguenze drammatiche nella relazione.
Si chiama partner-phubbing. come lo definisce 'State of Mind', giornale di scienze psicologiche. La letteratura dimostra che il partner-phubbing è negativamente correlato alla soddisfazione delle relazioni, proprio perché l’uso di un telefono mentre il partner è con noi crea una situazione in cui si è fisicamente presenti, ma non lo si è mentalmente.
Questo fenomeno provoca delle sensazioni di “assenza-presenza” o di stare “soli insieme”. Per la soddisfazione relazionale, la qualità della comunicazione tra i partner è molto importante e sembra essere più importante del tempo che i partner trascorrono insieme e uno studio del 2021 di Beukeboom & Pollmann ha tentato di analizzare gli effetti negativi del phubbing nelle relazioni sentimentali, nello specifico in relazione all’insoddisfazione relazionale.
I risultati dello studio sottolineano che più si usa il proprio telefono in presenza del partner meno la relazione è soddisfacente. Un cane che si morde la cosa, secondo i ricercatori, perché quanto più il partner-phubbing provoca una ridotta soddisfazione nella relazione, tanto più phubbing si sviluppa durante le interazioni, in una spirale discendente della qualità della comunicazione e della soddisfazione della relazione.
Da cosa deriva il phubbing e quali sono le sue conseguenze
Due Autori, Chotpitayasunondh e Douglas, si sono occupati del tema, analizzandolo sotto diverse prospettive e distinguendo due scale di impatto: la Generic Scale of Phubbing (GSP) che esamina il phubbing su quattro fattori (nomofobia, conflitto interpersonale, autoisolamento e riconoscimento dei problemi); e la Generic Scale of Being Phubbed (GSBP) che valuta l’esperienza di essere phubbed su tre fattori (norme percepite, sentirsi ignorati e conflitto interpersonale).
Ignorare gli altri ci porta nel migliore dei casi a essere distratti ma anche a volte all’isolamento vero e proprio. L’esperienza di phubbing ha un impatto negativo e abbassa il tono dell’umore riducendo la qualità della comunicazione e del rapporto. Questo fenomeno va a intaccare gli stessi bisogni che vengono minacciati quando le persone si sentono socialmente escluse: bisogno di appartenenza, di autostima, di attribuzione di significato e controllo, portando a un vissuto di ostracismo e isolamento.
Secondo gli Autori alla base del phubbing c’è la dipendenza da smartphone che a sua volta ha come fattori determinanti l’internet addiction, la cosidetta FOMO (fear of missing out, la paura e l’ansia di esser tagliati fuori, di perdersi qualcosa di interessante sui social o in generale online, accompagnata al pensiero che gli altri stiano facendo qualcosa di più interessante di quello che stiamo facendo noi) e la mancanza di autocontrollo, componente chiave nelle dipendenze.
Secondo Chotpitayasunondh e Douglas falso consenso, reciprocità e frequenza rendono il phubbing un comportamento percepito come normale e non dannoso. Chi subisce il phubbing a sua volta lo attua passando spesso e fluidamente dall’essere protagonista all’essere destinatario di questo comportamento in un circuito che si autoalimenta. Il phubber diventa phubbee e viceversa, incrementando la frequenza e la reciprocità del comportamento e ampliando l’effetto del falso consenso, in un circolo vizioso.
L’esperienza di sentirsi invisibili ed esclusi dall’interazione sociale porta a vissuti di depressione, ansia, rabbia, solitudine determinando di fatto esclusione e impoverimento delle risorse dell’individuo.