AGI - Medici "senza rete", che hanno a che fare ogni giorno anche con soggetti potenzialmente violenti, persino responsabili di reati penali, per i quali di fatto mancano le strutture dedicate e che, complice un impianto normativo a dir poco obsoleto, di fatto sono "scaricati" dal magistrato sulla sanità territoriale. È il quadro degli psichiatri italiani, dopo il tragico omicidio di Barbara Capovani, tratteggiato all'AGI da Massimo Cozza, direttore del dipartimento di salute mentale dell'Asl Roma 2.
Proprio i direttori dei dipartimenti hanno lanciato oggi una lettera-appello al Governo, che "in pochi minuti ha avuto adesioni pazzesche". "La morte della collega - spiega Cozza - per noi è stato un pugno nello stomaco. Che la situazione fosse emergenziale lo abbiamo denunciato già mesi fa, con un appello rimasto inascoltato. La situazione è questa: sicuramente mancano risorse e personale (servirebbero almeno altri 10mila operatori) ma il problema è soprattutto giuridico. Abbiamo chiuso i manicomi nel 1978, ed è stato giustissimo, era una cosa indegna. Poi qualche anno fa sono stati chiusi gli Ospedali psichiatrici giudiziari. Giusto anche quello. Ora ci sono le Rems, strutture sul territorio dove pero' c'è una lunga lista d'attesa".
"Il problema - continua - è che in alcuni casi, non molti, i pazienti soffrono di disturbo antisociale, che può sfociare in atti violenti, come nel caso dell'uomo che ha ucciso Barbara. Pazienti che è difficilissimo trattare, per i quali anche i farmaci funzionano poco. Persone che possono essere perfettamente lucide, e mezz'ora dopo diventare violente".
E anche loro finiscono "sul territorio", ossia in cura nei dipartimenti di salute mentale, che pero' sono inermi di fronte a esplosioni come quella che è costata la vita alla dottoressa Capovani: "Bisogna cambiare il codice penale - ribadisce Cozza - siamo ancora al Codice Rocco degli anni '30. C'è un vuoto normativo, e di fatto queste tipologie di pazienti non sappiamo dove metterle. Si potrebbero aprire in alcune carceri, ad esempio, delle sezioni sanitarie specializzate per i pazienti con disturbo psicotico antisociale che si sono macchiate di reati".
Le aggressioni fisiche, precisa Cozza, non sono frequenti: "E' stata fatta una ricerca pochi anni fa su strutture con 17mila ricoverati complessivi, solo nel 3% dei casi e' stata rilevata violenza fisica". Ma alcuni casi, come detto, possono sfociare in aggressioni, anche se "come ancora si dice in una legge, ripeto, obsoleta, i pazienti sono perfettamente in grado di intendere e di volere. Il magistrato in questi casi di fatto non ha alternative all'affidamento a noi, e questo ci mette in pericolo. Per questo il nostro appello è indirizzato anche al ministro Nordio: senza un intervento che colmi queste lacune episodi come questo rischiano di succedere di nuovo".