AGI - “Il design deve rispondere alle esigenze delle persone e, se queste cambiano, anche il design deve adattarsi, e in fretta. L’esperienza dolorosa della pandemia ha costretto a guardare con occhi diversi le nostre case, ad adattarle per usi nuovi, a trasformarle in modo radicale. Ne è derivata un’accelerazione in termini di creatività, una spinta al cambiamento che ha portato i designer a immaginare nuove funzioni dell’arredo, spesso multiple. E a progettare con più libertà senza abbassare il livello della qualità. Inoltre, ha spinto molte aziende ad entrare in mercati prima non presidiati, come l’outdoor, che sta vivendo da qualche anno un vero boom”. Pierluigi Masini, giornalista (è stato vicedirettore del Resto del Carlino), insegna Storia del design e Storia dell’arte a Milano e a Brescia. Ha appena mandato in stampa per Baldini e Castoldi ‘I luoghi del design in Italia’, scritto a quattro mani con Antonella Galli, firma del Sole 24 Ore sui temi dell’architettura e del design, conduttrice di programmi anche su Rai Radio3. Un libro che arriva sugli scaffali a pochi giorni dall’apertura del Salone del Mobile di Milano, evento cult per avanguardie creative e famiglie, per un intero settore che come altri cerca di scrollarsi di dosso i tre anni di crisi causa covid.
Veduta dello studio a Murano (courtesy Baldini & Castoldi. Foto di Francesco Allegretto)
Galli e Masini hanno visitato e raccontato quattordici luoghi fondamentali per il design italiano, per scoprire cosa è nato nei laboratori dell’innovazione in questi anni di buio, di rifugio preoccupato di un’intera società. “Penso di poter dire con certezza che l’Italia è ancora avanguardia nell’ambito del design”, spiega Galli. “L’avanguardia è il piccolo gruppo che traccia e verifica il percorso prima che arrivino le truppe. L’Italia ha certamente questo primato nell’ambito del design, e così viene guardata dal resto del mondo, come dimostra questa edizione della Design Week milanese, che si conferma l’evento primario del settore. Poi non è detto che il percorso sia sempre lineare, diretto in avanti: dipende dalle circostanze storiche, dal contesto. A volte serve rivolgere lo sguardo al passato, attingere alla memoria, agli archivi, soprattutto in periodi di incertezza come questo, in cui tecnologia e stili di vita tendono a farci vivere da smemorati, in un eterno presente. Anche richiamare il passato può essere una scelta di innovazione. Il Rinascimento nasce anche dallo sguardo rinnovato verso il mondo classico. L’importante è avere una direzione, e l’Italia - l’insieme del sistema design che il nostro Paese esprime (progettisti, scuole, aziende, comunicazione) – detta certamente la linea ed esplora il percorso. Chi vuole capire dove va il design, viene qui da noi”, aggiunge l'autrice.
Voi scrivete che questo non è un libro su cosa sia il design ma una mappa dei luoghi dove il design nasce. Ma cos’è il design? Una poltrona Frau, una lampada di Artemide, o anche la nostra catasta di libri pericolante? La cucina della nonna in fòrmica? C’è un design che fa storia, ma anche una ‘categoria dello spirito’ un modo di vedere le cose che ci circondano? “Nel nostro libro proponiamo un metodo divertente e istruttivo – risponde Antonella Galli - scoprire cos’è il design visitando i luoghi in cui il design è nato, viene conservato e vive. Nel primo capitolo, che abbiamo scelto di dedicare all’ADI Design Museum di Milano, il museo dedicato a tutti i vincitori del premio Compasso d’Oro (il Nobel del design), c’è una definizione chiara di cosa è il design, che il lettore può utilizzare come concetto chiave: 'Il design è un progetto di eccellenza applicato al sistema produttivo in senso lato (anche culturale), che genera un oggetto innovativo in qualsiasi campo, sia esso l’editoria, la nautica, l’arredo, l’industria, la tecnologia, i servizi alla persona. I suoi motori sono l’innovazione e la creatività applicate per migliorare le condizioni di vita delle persone".
Poltrona Frau Museum, Tolentino. La chiostrina con poltrona Vanity (Foto di Alessandro Digaetano)
"Ecco - aggiunge Galli - credo che in queste poche righe si concentri il significato autentico di questa disciplina, e che questa definizione contenga i criteri secondo cui giudicare se un oggetto sia davvero un’opera di design. Eccellenza, creatività, innovazione applicati alla produzione in serie. Non è detto, quindi, che gli arredi firmati siano sempre opere di design solo perché portano nomi celebri. Mentre a volte è il design anonimo di umili oggetti quotidiani, ad avere queste caratteristiche; la lente di ingrandimento, la forbice, il martello, gli occhiali, i moschettoni da montagna, la sdraio da spiaggia… quegli oggetti anonimi che piacevano tanto ad Achille Castiglioni, come è raccontato nel capitolo del libro dedicato alla visita del suo studio, oggi Fondazione Achille Castiglioni. Questi oggetti contengono il senso del design, inteso come categoria dello spirito. Sono oggetti che migliorano la vita quotidiana e che ‘tengono compagnia’, come amava dire Achille Castiglioni”.
Le Stanze del Vetro, Venezia. Veduta delle Sale con la mostra su Toni Zuccheri alla Venini (courtesy Baldini & Castoldi. Foto @Enrico Fiorese)
È immotivata la sensazione che il design italiano sia molto retrospettivo, che le ‘cose’ più belle siano tutte nate tra gli anni ‘50 e ’80, gli oggetti e i luoghi di design recenti siano evoluzioni di quegli esperimenti lì? Pierluigi Masini: “Bisogna distinguere. Il tema del bello è un elemento identitario del design italiano, quello che ancora oggi caratterizza i prodotti del “made in Italy” al primo sguardo. Noi siamo bravi in questo: nel progetto, certo, ma anche nell’esecuzione, dove mettiamo in campo quella sapienza antica del fare con le mani, usando in modo artigianale il legno, la pelle, il vetro, la pietra e ora anche tanti materiali sostenibili. Come nella moda, la nostra tradizione ci accompagna e alcuni pezzi storici di design, sopravvissuti ai decenni, restano senza tempo, conservano il loro allure, emozionano e comunicano tanto della nostra identità. Ma è evidente che non possiamo fermarci agli anni Ottanta e a Ettore Sottsass, un maestro che ci ha consegnato un’eredità ancora in gran parte da metabolizzare - e allo CSAC di Parma, uno dei luoghi del nostro libro, si conserva la parte più rilevante del suo immenso archivio. Oggi si continua a sperimentare, perché il design è sperimentazione continua. Ma si fa in modo globale, i grandi gruppi industriali seguono regole consolidate e il marketing impone le sue scelte. Diciamo che ormai nell’industrial design è un lontano ricordo quella libertà pionieristica degli anni del boom che ha fatto grandi progettisti e imprese. Quella fragranza creativa la ritroviamo intatta nel design d’autore, nelle piccole produzioni di giovani designer, che hanno esperienze e relazioni internazionali ma amano il nostro Paese e tengono viva la tradizione. Che come ricorda Gustav Mahler è “custodire il fuoco, non venerare la cenere”.
La Miura appartenuta a Ferruccio Lamborghini (Museo Ferruccio Lamborghini)
Cinque nomi di creativi italiani di cui sentiremo sempre più parlare. “Ne indichiamo qualcuno in più”, dicono all’unisono gli autori de ‘I luoghi del design in Italia’: “Tra quelli già affermati, anche a livello internazionale, Elena Salmistraro, Luca Nichetto, Formafantasma e Zanellato/Bortotto. Ma segnaliamo anche Sara Ricciardi, Federica Biasi, Guglielmo Poletti e Zaven”.
Fondazione Achille Castiglioni, Milano. Stanza prototipi (courtesy Baldini & Castoldi, foto @Annette Cheung)