AGI - Il tridente Negramaro-Elisa-Jovanotti propone una ballad intensa mentre Salmo si diverte con un po' di punk. I Baustelle e chiello ci propongono, manco a farlo apposta, due visioni totalmente opposte di Milano, ma i brani sono uno più bello dell’altro. Tornano i giovani thasup e Rhove, ma mentre il primo si conferma autore contemporaneo e innovativo, il secondo solo un fenomenino a caccia di hit.
Felice ritorno quello di The Niro, storico quello di Mario Lavezzi e Mogol, due colonne portanti della storia della nostra musica leggera. Quasi tutti strabocciati i ragazzi di “Amici”, decisamente meglio i giovani emergenti come La Nina, Qualunque, Giuse The Lizia, Hu, Lucio Corsi, Avincola e Tropea. Chicca della settimana: i Flame Parade con “One of These Days I’ll Steal Your Heart”.
Negramaro feat. Elisa e Jovanotti – “Diamanti”
In questa intensa ballad, che gioca (e vince) con una scrittura che non tira esattamente giù poesia dalle nuvole, si percepisce sia il mestiere di tre che con uno strumento in mano e la serata giusta possono scrivere pezzi di immensa bellezza, sia la familiarità, la gioia del canto di tre persone unite evidentemente non solo da un vincolo discografico o commerciale.
“Diamanti” è una gran bella canzone e speriamo che il tempo, avido, di questa nuova musica fluida non la ingoi, che non venga decapitata da uno skip su Spotify, speriamo abbia il tempo di respirare a pieni polmoni, di godere del lusso di poter arrivare al pubblico con la calma necessaria per farsi assorbire. Perché lo merita.
Baustelle – “Milano è la metafora dell’amore”
Questo brano, che casca sul mercato con una tempistica precisa al millimetro, dimostra che Milano, vista dagli occhi di chi la ama, è una città meravigliosa. Non perfetta, meglio: meravigliosa. Perché incubatore accelerato e cementificato di storie assurde, che si intrecciano sotto un cielo plumbeo che obbliga a concentrarsi su quanto di più terreno esista.
Perciò noi, gli ultimi degli umanisti, non possiamo che ammirarne le strabilianti imprese, anche, soprattutto, attraverso gli occhi disincantati e colmi di poesia dei Baustelle, che offrono una carrellata di immagini che sembrano sbrodolate giù da un film di Wes Anderson. Questo brano suona gonfio e colorato, a metà tra lo sconfitto e il soddisfatto…ma dai, esattamente come Milano, ma dai, esattamente come l’amore.
Salmo e Le Carie – “Tre”
E' più che giusto che un musicista si esprima come meglio crede, qui poi non abbiamo un musicista ma una squadra di musicisti, tutti con la M maiuscola. Salmo mette i piedi nel mare del punk con Fedez qualche mese fa e poi, per i brividi derivati da quel brano, non proprio azzeccatissimo, fa qualche passetto indietro e si studia questo tackle come si deve.
“Tre” infatti pulsa di vitalità, gioca tutto su una scoordinazione di fondo che quasi ti provoca vertigini, con la voce che salta volutamente il tempo provando però a voler raccontare delle storie, come se l’intento fosse di nobilitare con una stesura strutturata, solida, un genere di natura maleducato.
Preferiamo il Salmo che rappa? Si, non c’è neanche paragone, soprattutto perché Salmo è sempre rimasto con un piede di qua e uno di là, questi accenni di punk, anche se piuttosto melodici, non ce li ha mai negati e su questa orbita unica è diventato l’artista che noi tutti apprezziamo. Se vuole prendersi la licenza di divertirsi con la sua band con un side project di questo tipo, che sta più di là che di qua, faccia pure, noi ascoltiamo e facciamo si con la testa; però poi magari ci fornisse due barrette delle sue, magari quelle che sputa in cassa dritta, noi gradiremmo. A presto.
Thasup feat. Tedua – “Dimmi che c’è”
I brani di Thasup non si ascoltano, ci si affonda dentro cascando in un universo dove si parla una lingua diversa ma che resta unito con un filo sottile alle nostre vite, come se quella musica arrivasse da un altro pianeta attraverso un telefono fatto con i bicchieri di plastica, come si faceva da bambini.
Ed è bello rimanere accerchiato da queste sonorità così stilose, così uniche, da questa pronuncia che dilata le parole, che le fa diventare un lamento tech affascinante, ipnotico, senza che si rinunci a dire qualcosa, al concetto. Infatti “Dimmi che c’è” è un brano estremamente confortante, pialla l’umanità all’ombra delle stesse identiche sensazioni. Ottimo lavoro, come al solito.
Tricarico – “Mi state tutti immensamente e profondamente sul cazzo 1”
Eh…come dargli torto?
Mario Lavezzi feat. Cristina Di Pietro – “Una storia infinita”
Il brano anticipa il nuovo progetto della coppia Mogol/Lavezzi, che torna insieme per dare una spolverata ad una serie di brani di immensa bellezza scritti per altri. Ma questa “Una storia infinita” no, è un inedito; si sente che il tocco musicale è piuttosto retrò, la lirica insegue una definizione ben precisa, domina la melodia come ormai non sentiamo più, infatti è un brano di piacevolissimo ascolto, scritto e cantato in punta di penna e di lingua. Certo, niente che possa in qualche modo farsi i muscoli nella musica di oggi, questo è chiaro, e tutto sommato va benissimo così.
Rhove – “Pelè”
Il beat di Madfingerz non è male ma le parole, difficilmente legate tra di loro da un nesso comprensibile, sono state incastrate dentro a forza, come quando un bambino dell’asilo prova a ficcare una formina quadrata nello spazio dedicato ad una formina rotonda. L’impressione che abbiamo ascoltando “Pelè”, è che alle volte passa veramente di tutto, il che vuol dire, tra l’altro, avere scarsissa considerazione degli ascoltatori ed è questa la cosa più grave.
Fasma – “Setiamo”
Esperimento divertente per raccontarvi al meglio, tecnicamente, questo brano: andate su Google, digitate “Brutto sinonimo”, tutte le alternative che vi verranno proposte si adatteranno perfettamente a questa canzone. Scegliete pure la vostra liberamente, calzano tutte a pennello.
Il Tre – “Roma”
Una produzione meno tronfia forse avrebbe aiutato la storia a venire fuori in maniera più intima ma, soprattutto, meno didascalica. Il testo avrebbe avuto certamente bisogno di una marinatura più lunga, di essere in qualche modo complicato, perché così suona come una confessione, anche autentica, ma della quale non ti frega nulla.
The Niro – “Un mondo perfetto”
Cantautorato autentico, vecchia scuola, con le parole che ti massaggiano il cervello e il cuore che viene portato via da un accompagnamento d’archi caldo e profondo. The Niro non pubblicava nulla in italiano da nove anni e la sua assenza si è fatta sentire, perché non sono in molti quelli che riuscirebbero, come fa lui in questa canzone, a mettere dentro pochi minuti in musica un’intera vita, con i suoi alti e bassi, con i sogni e le delusioni, con i suoi andare e i suoi tornare.
Un artista bravo non scrive un brano per raccontarti un mondo perfetto, un artista brano trasforma la sua visione di un mondo perfetto in un brano. E se il mondo in questione non è perfetto, ancora meglio. Ecco.
Bnkr44 – “Guida spericolata”
Se l’intuizione sonora risulta, come spesso accade con i Bnkr44, azzeccata, o perlomeno divertente, il contenuto è davvero povera roba, anche se l’interlocutore non è un critico musicale quasi quarantenne ma il suo ipotetico figlio quindicenne.
Chiello – “Milano dannata”
Ballad illuminata da parte di chiello, sempre così centrato nella sua malinconia; il racconto della sua Milano, dannata, “donna che vuole apparire con un vuoto dentro che non sa riempire”, sappiamo che sarà comune a molti, specie in questo periodo.
Parliamo di un brano autentico, proposto senza alcun eccesso, a riprova del fatto che se un artista brucia della necessità di dire una “cosa” poi la propria opera vive serenamente di quella necessità, senza aver bisogno di orpelli sonori che esaltino e sottolineino quella “cosa”, senza strepitii inutili, doppie capriole mortali, donne barbute e unicorni volanti.
Chiello torna a pubblicare un brano inedito e lo ritroviamo ancora una volta magnifico nella sua eleganza dinoccolata, sbronza e maledettamente efficace. Questa è una canzone davvero molto bella.
Giuse The Lizia – “Lato A Lato B”
Giuse The Lizia compie passi da gigante; questa “Lato A Lato B” non è solo divertente, non solo sdrammatizza la malinconia che racconta, quella relativa alla fine di una storia, ma è composta con la misura corretta, senza sbrodolare mai nella narrazione e con una efficacia coinvolgente. Attenzione, questo ragazzo non ne sta sbagliando una. Bravissimo.
Aaron – “Mi prenderò cura di te”
Una sequela di cliché da scuola media; inconsistente, superficiale, quasi offensiva nel suo essere così nazional popolare.
Olly feat. Lorella Cuccarini – “La notte vola”
La serata del venerdì del Festival di Sanremo di Amadeus, quella degli ospiti, mette insieme genialate assolute e dimenticabilissimi azzardi. Ecco, “La notte vola” in versione ipercafonal non ci sembra esattamente l’invenzione della ruota, ci si poteva limitare all’esibizione all’Ariston, che magari in quel momento qualcuno è andato al bagno e se l’è persa; e buon per lui.
Angelina Mango – “Mani vuote”
Ok, siamo chiari, parliamo di quel pop straziante che vuole tirare fuori le emozioni con la tenaglia; una roba, in linea di massima, di una noia mortale. La Angelina Mango però è brava, le intenzioni del cantato sono tutte corrette e pulite, chi ama il genere ne rimarrà soddisfatto, nonostante il peso specifico del brano sia oggettivamente pochino; gli altri, a fine ascolto, spauriti da cotanta concentrazione di musica leggerissima, si rifugeranno, probabilmente in lacrime, in un qualsiasi disco dei Rolling Stones.
Cricca – “Maledetta felicità”
Brano con un senso logico, che presenta interessanti intuizioni melodiche, forse troppo perbene, troppo pulitine, però messe in piedi con un’ammirevole solidità.
Silent Bob – “Mamma ho l’ansia”
Il brano suona autentico ma suona anche abbastanza sempliciotto, liscio, come se servisse più a chi l’ha composto che a chi lo ascolta. E se lo ascolti, perché magari immagini come “Gocce di Xanax, nocche sull’anta/Non posto su Insta, non esco da giorni” ti sono in qualche modo familiari, ma poi non riesce a stuzzicare il nucleo del problema (non a risolverlo, parliamo di Silent Bob, non di San Francesco) fondamentalmente è una confessione intima ma di uno sconosciuto. Una di quelle cose che dici “Ah ok, be, mi spiace” e già ti sei dimenticato di quella persona e di cosa ti ha raccontato. In questo caso, di questa canzone.
Hu – “Limiti”
Questa visione cantautorale tech di Hu ci riempie le orecchie di bellezza e speranza; perché parliamo di una artista ispirata che riesce a mettere insieme con un gusto sopraffino, senza stratagemmi ammiccanti, ciò che vuole dire e come lo vuole dire. “Limiti” è una mina di pezzo, un viaggio interstellare e romantico, robotico e fortemente sentimentale, da ballare e da piangere. Grazie.
Lucio Corsi – “Astronave giradisco” / “La bocca della verità”
L’idea di canzone che Lucio Corsi propone è colorata e bizzarra, come se fosse scivolata via una pagina immaginata metà da Lewis Carrol e metà da Ed Wood. Particolarmente ispirata “Astronave giradisco”, canzone cantata in soggettiva che ti mette in fila mentre ti imbarchi verso l’infinito e oltre; se mai accadrà una cosa del genere, in quel momento noi vogliamo ascoltare Lucio Corsi, non solo perché ottima musica, ma soprattutto perché rende tutto in qualche modo romantico, in qualche modo degno di un sorriso.
Drast – “Tutta la vita”
Brano ricco di intuizioni pop che rendono l’ascolto davvero molto gradevole. Tutto fila, tutto è al punto giusto, le immagini, le sensazioni, cosa vuole raccontare il brano e cosa ci resta in mano dopo averci avuto a che fare: un ritornello che ti si appiccica senza scampo. Veramente un ottimo prodotto. Bravo.
Dj Fede feat. Claver Gold, Dj Double S e Samuel – “Natura”
Brano atmosferico, elegante, particolarmente cool. Non esplode perché non vuole esplodere, vuole invece trascinare con una poetica contenuta, che non erutta e non ferisce ma vive della piacevolezza delle parole. Ottima l’intuizione di affidare la voce di questo brano a Claver Gold, tra i rapper che più sentono la mission artistica, e Samuel, che vabbè, è Samuel, che renderebbe figo pure un pezzo de Il Volo.
Tropea – “Proprio tu”
Non doveva arrivare X Factor per dirci che i Tropea sono un progetto molto interessante in quanto molto musicale, molto sulla scia della musica sudata, pensata, frutto di un approccio artigianale e di un’urgenza vera. “Proprio tu” è un brano dalle tonalità accese, nonostante sia, di fatto, un lamento, e, come un lamento, una sorta di cantilena indie rock, sia percepito. Bravissimi.
Piccolo G – “è normale”
Brano che mette insieme tutti gli stratagemmi del caso per la produzione di una bella hit; la produzione cool, la voce effettata, peccato che manchi proprio il contenuto, che sia una scatola vuota riempita di versetti di mirabolante pochezza.
Avincola feat. Serepocaiontas – “Lattine”
Esce fuori il sole quando canta Avincola, il mondo si trasforma in un cartone animato che rende tutto non più bello o più brutto, non più complesso o più semplice, ma semplicemente meno spaventoso. Ti convince che in fondo per essere felici bastino un cuore e due lattine, con l’amore chiesto per favore, “ti va di stare bene insieme?”, che è una soluzione educata rispetto ai drammoni che settimanalmente ci tocca sorbirci. Correttissima anche la scelta di coinvolgere Serepocaiontas, con quella voce sottile ed espressiva. Tutto benissimo.
La Nina – “Harakiri”
Il dramma amoroso napoletano che si scontra con quello animistico, quasi supremo, giapponese; il tutto raccontato con lo stile de La Nina, con questa specie di accattivante, irresistibile, urban world music, e una narrazione minimal e travolgente. Eccellente.
Wax – “Grazie”
Takagi&Ketra offrono la loro produzione per questo brano in cui Wax stiracchia questo ragionamento confuso, una sorta di lettera di ringraziamento all’arte “Che ci fa parlare e rendere chi è piccolo gigante”, che poi, vedi le coincidenze della vita, è esattamente il motivo per cui a noi, nei confronti dell’arte, ascoltando questo brano, ci sale un’antipatia suprema.
Fosse l’arte un’amica, cancelleremmo il suo numero dalla rubrica dopo aver scoperto questo flirt con Wax; ma poi ci ripenseremmo, un po' perché nel nostro cuore vige un’incrollabile speranza, e un po' perché in fondo non è colpa dell’arte se taluni soggetti ci si approcciano con tale spregiudicatezza, è lei che si è resa troppo facile. Insomma, grazie di niente.
NDG – “Voglio di più”
Ci sono modi decisamente più morbidi per distruggersi le orecchie; tipo una vuvuzela scaricata direttamente dentro il padiglione auricolare darebbe meno fastidio di questo brano così mediocre.
Assurditè – “Amore&Casino”
La brava Assurditè canta quella sensazione di hungover della domenica mattina, ma la sera prima ti è andata bene, magari hai ballato, conti i timbri sul dorso della mano, tenti di ricordare le persone che hai incontrato, perché hai riso tanto e, magari, hai fatto pure l’amore.
I giovani sono belli perché hanno ancora le energie per cacciarsi in serate cui contorni, il giorno dopo, sono così sfocati; chi invecchia invece, al contrario, tenta di trovare serate lucide in mezzo ad una vita che si fa sempre più sfocata. C’est la vie, va bene. Certo, tradurre quella specie di pace interiore in una canzone, è da autori veri. Bravissima.
Tommy Dali – “Fantasmi”
Magari su questa ci ritorniamo quando esce la versione in italiano.
Federica_ - “Scivola”
Il vuoto negli occhi di Corinna Negri di “Boris” tradotti in musica. Tutto avviene, nella canzone, nella storia che vuole raccontare, nel mondo, probabilmente nell’universo, e niente resta, se non questo pop stantio e vaporoso del quale, in tutta onestà, faremmo volentieri a meno.
Qualunque – “Shonen, Vol. 2”
Qualunque è uno dei pochi cantautori italiani ad aver avuto la capacità di mantenere quella ruvidità e dolcezza e malinconia e tangibilità che hanno fatto la fortuna della rivoluzione indie, quell’autenticità che ha oscurato la musica plastificata della televisione.
Nei suoi pezzi c’è intimità, c’è ironia, i brani si compongono come puzzle fatti di immagini semplici ed efficaci, di una leggerezza che pesta, che lascia il segno, che solletica le più svariate emozioni, le più svariate storie. “Shonen, Vol. 2” è una piccola grande perla.
Disco Club Paradiso – “Ti riempirò di like”
Non esiste niente di più musicalmente esile di provare a dare una profondità letteraria alle dinamiche social, che in fondo hanno contribuito in maniera significativa alla macerazione sistemica della poesia nelle nostre vite.
Per cui già il titolo, “Ti riempirò di like” ci suggerisce di darci una forchettata su una mano per ricordarci di essere vivi, perché il nostro cervello si rifiuta di concentrarsi su questo nuovo brano dei Disco Club Paradiso che, per chi avesse la memoria breve o impegnata in cose più importanti, sono quella band sempre così inutilmente felice in gara all’ultima edizione di X Factor.
Il brano, per chi fosse interessato, è una robetta danzereccia di dubbio gusto ma, tranquilli, tempo una ventina di secondi e già la vostra memoria l’avrà spedita nello spazio più profondo e non la rivedrete mai più.
Michael Sorriso – “Cui Prodest”
Michael Sorriso è uno dei giovani fenomeni del rap game italiano; il modo in cui “Cui Prodest” è stato pensato richiama alla old school, lui invece ha un flow ultramoderno e ultraefficace. Di questo ragazzo si dice un gran bene nell’ambiente ormai da un paio d’anni e basta ascoltarlo per capire perché, in futuro ne parlerete anche voi. Sicuro.
Ascanio – “Karma”
Mentre ascoltiamo “Karma”, istintivamente, ci viene in mente di fare una lista di tutte le cose più utili che potremmo fare anziché star seduti, cuffioni in testa, ad ascoltare “Karma” di Ascanio: dentro c’è tutto, ma proprio tutto ciò che è stato creato o anche solo pensato nell’intera storia dell’umanità. Allora, invece di lasciarci andare ad atti vandalici domestici di protesta, decidiamo di cambiare atteggiamento e prendere “Karma” come metro di paragone per la valutazione di qualsiasi cosa.
Tipo: mangi un cornetto Algida e la punta finale della cialda, quella con il cioccolato, ti cade a terra, “Be, pensa che in questo momento potevi stare, cuffioni in testa, ad ascoltare Karma”; oppure la tua squadra del cuore sbaglia un rigore decisivo al novantesimo minuto in finale di Champions League, “Be, pensa che in questo momento potevi stare, cuffioni in testa, ad ascoltare Karma”.
Certo, dovessi mai trovarti ad un concerto di Ascanio ad ascoltare “Karma”, sarebbe dura pensare che possa andare peggio se fossi a casa, cuffioni in testa, ad ascoltare “Karma”. Però poi ci pensi…e dai, ma quando mai ti potrà capitare di andare ad un concerto di Ascanio? Non sono proprio cose che succedono.
Gregorio Sanchez – “Aliante”
Un pezzo elegante come ce ne sono ormai pochi, che si apre a tonalità jazz come ormai non se ne sentono più, significativo nella propria essenza, che ti entra dentro, come ormai i pezzi non fanno più. Un brano d’altri tempi pensato da un artista d’altri tempi. Un piccolo tocco di fioretto discografico in un ambiente che sferra calci e pugni a casaccio come un ultrà ubriaco. Grazie, ci voleva.
Maruego – “CDMN”
Maruego con “CDMN” dimostra, a chi non l’avesse capito, che la trap non deve necessariamente essere una bullonata da ragazzini che hanno visto troppi film americani, non per forza deve essere uno specchio musicale per vedersi più brutti, sporchi e cattivi di quanto uno non lo sia, magari per niente.
La trap può anche essere narrazione profonda, sentita, supporto per esprimersi senza nessun’altro intento che non sia quello artistico. Infatti CDMN sta per Casa Di Mia Nonna, forse il più innocente dei luoghi che noi tutti conserviamo nel cuore, immersa in un contesto, quello del Marocco, che naturalmente può essere anche duro da metabolizzare. Infatti “CDMN” è un brano agrodolce che cattura subito l’attenzione.
Flame Parade – “One of These Days I’ll Steal Your Heart”
Che gran pezzo. Tutto resta sospeso, etereo, quasi surreale, ma profondamente tangibile, immaginatevi la colonna sonora del vostro sogno più strano e più morbido girato con la regia di Paul Thomas Anderson. Una sensazione trascinante che ti strappa un pezzo di cuore, che ti costringe a chiudere gli occhi e vagare con il pensiero più in là di quanto tu non abbia mai fatto, sicuro di avere le spalle coperte da una canzone davvero ben congeniata. Ottimo lavoro.
The Whistling Heads – “Teenage Clichè”
Secondo singolo in assoluto per la giovane band messinese e risulta stupefacente la loro crescita, la consapevolezza del suono e della struttura, l’evidente riferimento ad un certo passato che però ci viene servito qui e oggi e bene. Ma la cosa principale, e affatto secondaria rispetto poi la riuscita del singolo, è che l’impressione, lato ascoltatore, è che si divertano proprio, si percepisce il gioco, si percepisce la passione genuina e innocente; e niente risulta più coinvolgente in musica dell’autentica emozione di chi la produce.
Se la sua espressione artistica porta un artista alla commozione, noi ci commuoveremo, se lo porta al dolore, alla malinconia, anche noi ci sentiremo addolorati e malinconici. Per dire, noi ascoltando “Teenage Clichè” ci vien voglia di saltare; e non è un caso. Bravi.