AGI - Il sondaggio condotto su 714 giornaliste in 215 paesi per un rapporto dell'International Center for Journalists (ICFJ) redatto nel 2021, ha rilevato che quasi 3 su 4 avevano hanno subito abusi online nell’ambito del loro lavoro. E che “quasi 4 su 10” hanno affermato di essere perciò andate meno in video, perdendo trasmissioni, titoli o opportunità professionali. Oscurate. Lo scrive il Washington Post.
"La violenza online contro le donne giornaliste è una delle più gravi minacce contemporanee alla libertà di stampa a livello internazionale", dichiara il rapporto, perché “aiuta e favorisce l'impunità per i crimini contro le giornaliste, tra cui l'aggressione fisica e l'omicidio” ed è scientificamente “progettato per mettere a tacere, umiliare e screditare” al punto da “infliggere danni psicologici molto reali, sterilizzando il giornalismo d'interesse pubblico, colpendo le carriere delle donne e privando la società di voci importanti”.
Osserva il Post che “in molti paesi, le donne prese di mira da queste campagne svolgono alcuni dei lavori giornalistici più importanti nelle loro aree d’influenza, come indagare su potenti leader, denunciare illeciti del governo e rivelare la corruzione” e “molte di quelle prese di mira lo fanno proprio su Internet, raccontando anche come esso viene utilizzato per sostenere gli estremisti”.
Gli uomini? “Se vengono attaccati, vengono presi di mira solo per le loro opinioni politiche. Quando una donna viene aggredita, viene attaccata per il suo aspetto fisico”, afferma Gharidah Farooqi, una giornalista che si occupa di politica e notizie nazionali per News One in Pakistan, la quale esemplifica così quella che lei stessa definisce “l'epidemia globale di molestie online” a cui sono sottoposte le giornaliste e i cui costi vanno ben oltre il dolore e l'umiliazione subiti dalle vittime.
Secondo il quotidiano, “le voci di migliaia di giornaliste in tutto il mondo sono state smorzate e, in alcuni casi, interamente messe a tacere mentre si affannano per condurre interviste, partecipare a eventi pubblici e mantenere il proprio posto di lavoro nonostante le incessanti campagne diffamatorie online”. Il risultato è che storie che avrebbero potuto essere raccontate o condivise rimangono oscure. Quanto a Farooqi, dice d’esser stata molestata, perseguitata e minacciata di stupro e omicidio. Immagini false di lei sono apparse ripetutamente su siti pornografici e sui social media, come accade a molte giornaliste in giro per il mondo.
La giornalista, poi, racconta al Post il caso di quando s’è occupata d’un attacco particolarmente grave accaduto nel 2019 in cui un uomo ha ucciso 51 musulmani in due moschee a Christchurch, in Nuova Zelanda: lei ha twittato la notizia e trasmesso l'attacco in diretta su Facebook dicendo anche che l’omicida aveva visitato il Pakistan l’anno prima. In quell’occasione “internet è esploso lanciandole addosso accuse secondo cui la giornalista stava cercando di diffamare il Pakistan collegandolo ingiustamente a un attacco terroristico a migliaia di chilometri di distanza”, racconta il Pst, al punto che “la gente ha chiesto il suo rapimento, stupro e omicidio”. Lei s’è chiusa in casa.
Ma lo scorso ottobre, l'ex primo ministro pakistano Imran Khan intervistato sul “caso Farooqi” s’è lasciato andare a questo commento: “Se invade spazi dominati dagli uomini, allora è destinata a essere molestata".