AGI - La notizia 'plana' sulla politica nel bel mezzo del Consiglio dei ministri e dopo la 'difesa' in Aula del ministro della Giustizia Carlo Nordio: il sottosegretario Andrea Delmastro è indagato per rivelazione e utilizzazione del segreto d'ufficio e sarà sentito domani dai pm di Roma nell'ambito dell'inchiesta legata alla vicenda dell'anarchico Alfredo Cospito, sottoposto al 41 bis e dall'ottobre scorso in sciopero della fame.
Il sottosegretario di FdI, infatti, è stato iscritto nel registro degli indagati della procura capitolina in un'inchiesta che ha preso il via dopo l'esposto presentato dal deputato di Alleanza Verdi e Sinistra Angelo Bonelli in relazione all'intervento del parlamentare di FdI, Giovanni Donzelli, fatto in Aula della Camera lo scorso 31 gennaio, su colloqui avuti dallo stesso Cospito con altri detenuti appartenenti a organizzazioni criminali, legando questo episodio alla visita fatta da parlamentari dem all'anarchico. Donzelli ha rivelato di aver ricevuto quelle informazioni dal collega di partito Delmastro.
Le reazioni da parte delle opposizioni non si fanno attendere e tornano a chiedere le dimissioni del sottosegretario, a eccezione del Terzo polo. Ma maggioranza e governo fanno quadrato: "L'iscrizione nel registro degli indagati non è una condanna e non c'è nulla di diverso rispetto a quanto già detto dal presidente del Consiglio", afferma il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano. Che quindi assicura: la posizione del presidente del Consiglio Meloni non cambia. La premier nei giorni scorsi aveva infatti difeso sia Delmastro che Donzelli, rispedendo al mittente la richiesta di dimissioni già avanzata dalle opposizioni.
Anche FdI torna a blindare Delmastro: "Andiamo avanti con la certezza che tutto sarà chiarito in tempi brevi per poi continuare con più slancio di prima la nostra lotta a schiena dritta e a volto scoperto alla criminalità organizzata", spiegano i due capigruppo Tommaso Foti e Lucio Malan. "Spiace che a fare chiarezza sulla vicenda di Donzelli e Delmastro non sia stato il ministero della Giustizia ma sia l'autorità giudiziaria che sulla base dell'esposto che ho presentato il 2 febbraio alla Procura della Repubblica di Roma oggi avrebbe indagato per rivelazioni di segreto d'ufficio il sottosegretario Delmastro", dice il co-portavoce di Europa Verde e deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli,
"Le dimissioni di Delmastro sono doverose, non per l'indagine della procura di Roma, ma per le sue gravi responsabilità politiche e istituzionali, per la superficialità e spregiudicatezza con cui ha diffuso informazioni delicate e riservate per colpire l'opposizione. Lo diciamo da settimane: Delmastro deve fare un passo indietro. La presidente Meloni e il ministro Nordio cosa aspettano?", insistono le due presidenti dei deputati e senatori Pd Debora Serracchiani e Simona Malpezzi.
"Nordio si è prestato a un'inaccettabile operazione politica che, da uomo di diritto come lui è, non avrebbe dovuto avallare. Si è fatto trascinare in una difesa di ufficio", dichiara Bonelli. "Le novità della Procura romana erano prevedibili ma aggravano la posizione dei due coinquilini. Se lasciassero i loro incarichi istituzionali eviterebbero imbarazzi, consentendo anche una più fluida ripresa della vita parlamentare", sottolinea Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera.
Sul fronte dell'opportunità politica a lasciare gli incarichi attacca anche il Movimento 5 stelle: "La giustizia farà il suo corso e resta ferma la presunzione d'innocenza", dichiara la capogruppo M5s al Senato, Barbara Floridia, "ma sul piano politico sono ancora più evidenti le ragioni che gli imporrebbero di dimettersi o a Giorgia Meloni di chiedergli un passo indietro. È ancor più urgente la calendarizzazione della mozione di censura presentata alla Camera dal Movimento 5 stelle", aggiunge.
Posizione non condivisa però da Azione-Italia viva: "No, caro Bonelli. L'equazione indagine uguale dimissioni è sbagliatissima. Non si usa la magistratura per colpire l'avversario politico. Le dimissioni si chiedono per ragioni politiche, non perché uno è indagato", scrive su Twitter il Enrico Costa.