AGI - Un ergastolano che beneficiava della semilibertà, per lavorare fuori dal carcere e rientrare di sera, e aveva ottenuto un permesso premio di una settimana. Un passato da killer di mafia e un fratello esponente di spicco del clan Santapaola-Ercolano. È il ritratto di Salvatore La Motta, 63 anni, che si è sparato un colpo di pistola davanti alla caserma dei carabinieri di Riposto, in provincia di Catania. Lo ha fatto davanti ai militari che gli chiedevano di abbassare l'arma. Voleva costituirsi perché aveva ucciso poco prima due donne. Una pistola, tre colpi, tre vite finite per motivi che non sarà facile ricostruire.
Sembra che La Motta avesse avuto una relazione con entrambe le sue vittime. Ha ucciso prima Carmelina Marino, 48 anni. Le ha sparato un colpo alla testa mentre erano in auto sul lungomare Pantano a Riposto. E lì ha lasciato la donna. Poi un altro appuntamento, con Santa Castorina, 50 anni. Lei, probabilmente non aveva alcun sospetto circa le intenzioni dell'uomo.
In via Roma a Riposto si era recata con l'auto portando con sé il suo barboncino bianco. Un colpo alla testa anche per lei, lasciata in auto agonizzante. Qualcuno si è accorto della donna ferita gravemente e ha chiesto aiuto al 118. I soccorritori l'hanno tirata fuori dall'auto ancora viva, l'hanno adagiata sul marciapiede e lì hanno cercato di rianimarla. Tutto inutile. Santa Castorina è spirata su quel marciapiede.
Non è ancora chiaro cosa possa aver scatenato la furia omicida di Salvatore La Motta, ma bisognerà verificare come mai avesse una pistola. Era stato arrestato il 16 giugno 2000, dopo la condanna all'ergastolo inflitta dalla Corte d'Appello di Catania per essere stato riconosciuto come uno dei componenti il "gruppo di fuoco" che il 4 gennaio del 1992 davanti a un bar del paese uccise Leonardo Campo, di 69 anni, ritenuto dagli investigatori uno dei capi storici della malavita di Giarre.
A La Motta, prima dell'arresto e dunque durante il dibattimento, era stato vietato di andare all'estero e gli era stato ordinato di abitare soltanto a Riposto. Dopo un primo periodo in carcere gli è stata concessa la detenzione in semilibertà, lavorava di giorno e la sera rientrava in carcere. Oggi era l'ultimo giorno di un permesso premio di una settimana.
L'uomo è fratello di Benedetto La Motta, detto Benito. Quest'ultimo si trova recluso per scontare 30 anni di carcere (ottenuti in abbreviato) per l'omicidio di Dario Chiappone, un 27enne ucciso con sedici coltellate alla gola e al torace a Riposto, la sera del 31 ottobre del 2016. Nel processo è emerso che Benedetto La Motta è indicato come esponente di spicco del clan Santapaola-Ercolano e sarebbe stato lui ad autorizzare l'agguato. In quel processo, secondo l'accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal sostituto Santo Di Stefano, sarebbe stato La Motta a ordinare, per volontà di altri imputati di eseguire l'omicidio di Chiappone.