AGI - "La cattura di Matteo Messina Denaro segna una svolta storica. Finisce la latitanza dei grandi mafiosi stragisti. Resta una mafia che già aveva virato da tempo e ha capito che non era pagante la violenza portata alle estreme conseguenze. Resta una mafia per certi versi meno eclatante ma non meno insidiosa". Lo ha detto il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, nel corso della registrazione della puntata di Porta a Porta che andrà in onda questa sera su Rai Uno. Il responsabile del Viminale ha, inoltre, spiegato che nella classificazione del ministero dell'Interno ad oggi ci sono "4 latitanti di massima pericolosità e 65 di secondaria ma non certo di minore importanza". "Si tratta di una classificazione - ha sottolineato Piantedosi - che serve al fine di destinare risorse da parte delle forze di polizia. Ma come dimostra il caso di Matteo Messina Denaro non esistono casi freddi, e anche dopo 30 anni un caso può essere risolto".
E sulla possibilità che il boss di Castel Vetrano si sia consegnato alla giustizia, il ministro è categorico. "Nella maniera più assoluta è stato escluso anche dagli inquirenti", ha detto, aggiungendo che "non c'è nessun retroscena. Si è comportato fino alla fine da latitante".
E Piantedosi ha affrontato poi il tema delle intercettazioni, allontanando le polemiche su una possibile riduzione del loro impiego nelle indagini di mafia. "Le intercettazioni non sono state mai messe in discussione - ha detto - men che meno per i reati di mafia e terrorismo". "Nessuno mai nel governo ha mai messo in discussione, né il ministro della Giustizia né tantomeno il premier Meloni - ha aggiunto Piantedosi - l'efficacia di questo strumento investigativo... C'è stata una discusisone su annotazioni critiche rispetto ad un uso distorto che ha visto rivelazioni che non avevano nulla a che vedere con le indagini".