AGI - Il ballo? “Nella danza risiede una spinta naturale alla dissidenza e alla sovversione”, scrive il Paìs, tanto che Nietzsche diceva che “chi non balla è fuori dalla realtà” sostenendo pure che lui “avrebbe creduto solo in un dio che sapesse ballare".
Commenta il quotidiano madrileno che questa celebrazione della danza da parte del padre del nichilismo “sorprende, sconvolge” e lo collega direttamente a un'altra grande figura del pensiero antico, “Socrate, che immaginiamo più conversare nelle piazze che danzare”. E sottolinea: “Tuttavia, non ha perso l'occasione per chiosare i benefici di questo esercizio per la mente e il corpo, ponendo la danza come una delle attività più armoniose che il cittadino possa svolgere. Ancor più dello sport o del wrestling.
Per entrambi, ballare porta felicità. L'ateniese, che si è avvicinato alla danza quando era già anziano, ha equiparato la musica e la danza come arti che uniscono forza e bellezza, attributi essenziali della felicità. Per Nietzsche, questo si trova attraverso la danza individuale, nel libero arbitrio che è implicito quando lo facciamo da soli e liberamente; connettendosi così con il ritmo naturale della vita”.
Ovvero, “mens sana in corpore sano”, ciò che fa scrivere al Paìs che “in questo esercizio del libero arbitrio, dell'individualità e della felicità per la danza, risiede una spinta naturale alla dissidenza e alla sovversione. Forse, a volte, anche incontrollabile. Una ribellione al sistema e al controllo, dal piacevole esercizio del ballo, che negli anni Sessanta si unirà alla rivoluzione sessuale, quella che gli hippy praticherebbero, come mi disse una volta Don Antonio Escohotado, ‘di letto in letto’".
Secondo il giornale, poi, uno dei primi balli pubblici individuali e moderni conosciuti — estraneo al valzer e ad altri balli di corte in coppia —, il cakewalk, danza nata a cavallo fra fine ‘800 e inizio ‘900 nelle comunità afroamericane, crebbe da quell'impulso ribelle, quando gli schiavi delle piantagioni di cotone degli Stati Uniti meridionali “deridevano i loro padroni in un grottesco individuale ballare, alzando esageratamente gomiti e ginocchia”. Mentre all'inizio del XX secolo, la danza “divenne uno spazio naturale di fuga dal controllo dei genitori, al sistema e all'ordine sociale”.
E nei ruggenti anni Venti, quelli del Grande Gatsby, del jazz e del Cotton Club, “i giovani ballavano sfrenatamente il Charleston, mentre alzavano i gomiti allegramente infrangendo la Volstead Law.
Ma sarà in piena dominazione mondiale nazista, racconta il quotidiano, “quando il ballo apparirà per la prima volta come elemento di dissidenza e sovversione”, ovvero “quando la swingjugend (la giovinezza dello swing ) sfiderà il partito, infrangendo, per prima, la legge che li obbligava a entra a far parte della Gioventù hitleriana e, successivamente, dell'ordine che proibiva di ballare e suonare musica swing”.
E la pista da ballo, dunque? È come uno spazio conclusivo “per l'espressione e il godimento della libertà dall'oppressione, dalla segregazione, dal controllo e dall'orrore”. Ed è sempre stata lì, a portata di mano. Fino a giorni nostri e attraverso tutte le epoche.