AGI - Venerdì 25 novembre si è conclusa a Panama la 19esima conferenza mondiale della Convenzione sul commercio internazionale delle specie di flora e fauna selvatiche che sono minacciate di estinzione (Cites), summit in cui, per dieci giorni, i rappresentanti di circa 160 Stati hanno discusso e adottato misure tali da rendere il commercio che coinvolge le specie selvatiche “sostenibili, legali e tracciabili" più equilibrato mentre la compravendita illegale di queste piante e genere di animali costituisce, di fatto, “il terzo mercato più redditizio nel mondo”. A trattare il tema è stato diffusamente Le Monde.
A rischio “è la perdita di biodiversità”, ha ricordato il segretario esecutivo di Cites Ivonne Higuero, chiudendo la Cop19. Nel corso delle assise sono state adottate 365 delibere decisive, numero record, in base alle quali si arriverà a proteggere “ulteriormente diverse centinaia di specie selvatiche, tra cui un centinaio di specie arboree, mediante la loro iscrizione su una delle tre appendici del regolamento della Cites - sulla quale figurano già più di 38.000 specie”.
Ad esempio, un paragrafo dell’Allegato 1 vieta “qualsiasi transazione a fini commerciali” mentre “le importazioni e le esportazioni continuano ad essere autorizzate, ma sono regolate da sistemi di permessi e quote”.
La Cop19 ha consentito di fare passi in avanti rispetto alla tutela di legno, tartarughe, rettili e persino uccelli canterini come il bulbul dalla testa gialla, progressi che includono nell'elenco anche 54 specie di squali requiem, sei nuove specie di squali martello, tant’è che ora “la quasi totalità degli squali commercializzati è sotto tutela della Cites, contro solo il 25% di prima”.
Questa decisione considerata di per sé rivoluzionaria, “aiuterà a controllare l'insostenibile commercio globale di pinne e carne di squalo", ha dichiarato Barbara Slee, responsabile del programma di politica internazionale presso il Fondo internazionale per il benessere degli animali (Ifaw).
Tra gli anfibi, infine, è stata particolarmente apprezzata la protezione accordata a tutte le specie di rane trasparenti mentre per la protezione degli elefanti il dibattito s’è concluso con un nulla di fatto: i quattro paesi (Sud Africa, Botswana, Namibia e Zimbabwe) che hanno chiesto la possibilità di vendere le scorte d’avorio non sono riusciti a convincere che la decisione non favorirebbe il bracconaggio in un momento in cui gli elefanti sono stati dichiarati “specie in pericolo”.