AGI - Dodici anni per l'ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo; 11 anni e 4 mesi, per il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta; 6 anni per l'ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco.
Sono alcune delle richieste di condanna formulate dalla Procura di Pescara per i 30 imputati del processo sulla tragedia dell'hotel Rigopiano di Farindola, travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga che provocò 29 morti.
L'accusa, rappresentata dal procuratore capo, Giuseppe Bellellu, e dai sostituti Andrea Papalia e Anna Benigni, al termine della requisitoria ha proposto per Bruno Di Tommaso, gestore dell'albergo e amministratore e legale responsabile della societa' "Gran Sasso Resort & SPA", la pena di 7 anni e 8 mesi, e la prescrizione per il capo 10.
I pm hanno inoltre sollecitato la condanna a 10 anni ciascuno per Paolo D'Incecco, dirigente del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, e Mauro Di Blasio, responsabile dello stesso servizio; a 11 anni e 4 mesi per il tecnico comunale, Enrico Colangeli, e l'assoluzione per il capo 6, e relativamente al capo 7, il non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Per i dirigenti regionali, Carlo Giovani, Carlo Visca, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera, sono stati invece chiesti 5 anni ciascuno.
Per gli ex sindaci di Farindola, Massimiliano Giancaterino, e Antonio De Vico, 6 anni ciascuno; un anno per Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell'hotel. Per il dirigente regionale, Antonio Sorgi, è stata chiesta l'assoluzione per due capi di imputazione e il non doversi procedere per intervenuta prescrizione relativamente al capo 7. Per Sabatino Belmaggio, responsabile del rischio valanghe fino al 2016, la condanna a 5 anni; per Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni, 2 anni e 6 mesi.
E ancora: 4 anni per il tecnico geologo, Luciano Sbaraglia, 4 anni per Giulio Honorati, comandante della Polizia Provinciale di Pescara; 3 anni per il tecnico Tino Chiappino. Poi 8 anni per Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della Prefettura Pescara; 9 anni per la dirigente della Prefettura, Ida De Cesaris, e assoluzione per il reato contestato al capo B. Chiesta invece l'assoluzione per l'imprenditore Paolo Del Rosso, e la prescrizione per il capo 7.
Chiesti poi 7 anni per Vincenzo Antenucci, dirigente Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013). Sanzione pecuniaria per la società Gran Sasso Resort & Spa srl, imputata per illecito amministrativo; assoluzione per i due vice prefetti Salvatore Angieri, e Sergio Mazzia; 2 anni e 8 mesi ciascuno per gli altri prefettizi, Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo, Daniela Acquaviva.
I depistaggi
"L'infedeltà dei servitori dello Stato che depistano e sviano, purtroppo, fa parte della triste ed endemica storia di questo Paese". Lo ha detto il procuratore capo di Pescara, Giuseppe Bellelli, nel corso della sua requisitoria al processo relativo alla tragedia dell'Hotel Rigopiano. In particolare, Bellelli ha ripercorso la vicenda del depistaggio che vede imputati l'ex prefetto del capoluogo adriatico, Francesco Provolo, e altri prefettizi.
"Nascondere la telefonata del povero Gabriele D'Angelo - ha sottolineato nel corso della requisitoria - far credere che la Sala operativa sia stata istituita dal 16 gennaio, serve proprio a depistare". E ancora sul depistaggio: "Condotte con cui alcuni esponenti dello Stato hanno tentato di fuggire dalle proprie responsabilità". Il procuratore ha poi stigmatizzato il fatto che in 25 anni non si è riusciti a realizzare una Carta valanghe e che dal 2005 non si è più riunita la commissione valanghe del Comune di Farindola "evidentemente - ha sostenuto - la politica valuta altre priorità".
Il procuratore capo ha poi citato Mario Tozzi e Antonio Cederna, il padre dell'ambientalismo italiano, e il saggio del geologo francese Marcel Roubault dal titolo "I disastri naturali sono prevedibili".