AGI - Il decreto del governo sulla sosta temporanea della navi ong in acque italiane cita norme già abrogate, omette quelle in vigore che obbligano al soccorso e, infrangendo un principio di non contraddizione, getta in un "limbo" decine di naufraghi che l'Italia è, invece chiamata a far sbarcare a terra affinchè questi possano presentare domanda di asilo. "A Humanity 1 - spiega all'AGI Fulvio Vassallo Paleologo, giurista, avvocato e esperto di diritti umani - si impone di sostare nelle acque territoriali solo fino allo sbarco dei naufraghi più vulnerabili, solo per quelli segnalati dagli Stati di bandiera: tutto cio' e' illegittimo e gia' questi Stati hanno gia' comunicato che forniranno assistenza solo dopo lo sbarco a terra".
Il decreto contiene un errore e una omissione già in premessa. "Esso - prosegue Vassallo Paleologo, già docente di Diritto d'asilo all'Università di Palermo e tra i fondatori dell'Associazione Diritti e Frontiere - cita il Regolamento europeo 1624 del 2016 che e' stato abrogato nel 2019 e non fa, invece, riferimento al Regolamento 656 del 2014 che invece richiama in modo cogente gli obblighi di soccorso a carico degli Stati previsti dal Diritto internazionale e il principio di non respingimento previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati e dall'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea". "Si tratta - prosegue il giurista - di malafede, perchè non è una cosa secondaria".
Roma, inoltre, chiede ai paesi Ue "di identificare le persone a bordo delle navi, con segnalazione di eventuali casi di vulnerabilità, ma queste richieste hanno già ricevuto risposte negative dagli Stati alle note verbali dei giorni scorsi: sia Norvegia, sia Germania e Francia hanno detto di no. Si chiede, dunque, una condizione impossibile: l'Italia, in questo momento, esercita la giurisdizione ma, al tempo stesso continua a non esercitarla. Il governo si aspetta, insomma, che Germania, Francia e Norvegia diano un elenco di persone a bordo, cosa che è già stata negata poichè non prevista da alcuna convenzione internazionale".
Il decreto "appare in violazione del Regolamento Dublino e della normativa interna discendente da direttive europee che stabiliscono le procedure per la presentazione delle domande di protezione internazionale". Per questi motivi "va immediatamente impugnato al Tar Lazio: viola il principio di gerarchia delle fonti facendo prevalere un atto amministrativo e una norma interna, ancora il Decreto sicurezza bis del 2019 sostanzialmente confermato dal Decreto legge 130 del 2020, su norme di rango superiore come le Convenzioni internazionali ed i Regolamenti europei. In questo senso si sono già espressi in passato, accertando la violazione del principio gerarchico delle fonti, sia il Tar Lazio nel caso Open Arms del 2019 sia la Corte di Cassazione nel 2020 sul caso Rackete, poi archiviato".
Il testo varato da tre ministri del governo Meloni (Matteo Piantedosi, Matteo Salvini e Guido Crosetto) non parla di respingimenti, ma apre la strada a uno stallo. "Non c'è scritto che devono uscire - sottolinea Vassallo Paleologo - ma si limita ad 'assicurare l'assistenza occorrente per l'uscita dalle acque territoriali'. Tra l'altro, a bordo vi sono dei minori e in base all'articolo 19 del testo unico sull'immigrazione i minori presenti in frontiera non possono essere respinti. E anche se uno degli Stati di bandiera provvedesse a segnalare i casi vulnerabili e questi sbarcassero, l'Italia non potrebbe respingere quelli ancora a bordo. Il governo italiano vorrebbe dai Paesi Ue una lista delle persone a bordo per poter effetttuare respingimenti ad personam, sulla base di presunte preoccupazioni per la sicurezza nazionale. Ma a questo punto dovrebbero respingere anche quelli presenti sulle navi della Marina, che invece vengono fatti sbarcare a terra: se determini un trattamento differenziato devi spiegarlo, altrimenti infrangi il principio di non contraddizione".