AGI - “Noi siamo diversi” scrive un tifoso sotto al comunicato che davvero sembra tracciare un confine tra la Cremonese e il calcio così come ci appare nelle livide nevrosi dei dopo partita. “Ogni giocatore della Cremonese come tale fa parte di una famiglia, di una società, di un gruppo. Ogni applauso e ogni critica nei confronti di un singolo sono rivolti sempre a tutta la squadra. Perché tale siamo sia in campo che fuori, nella gioia e soprattutto nella difficoltà. L’abbiamo scritto dopo la gara: abbiamo perso da squadra, vinceremo da squadra”.
Non è un manifesto di principi ma un messaggio diffuso sui social dal club che ha un volto e una disperazione ben nitidi. Quelli di un ragazzo di 25 anni nato a Bucarest, storia familiare dolorosa con una sorella morta a 14 anni e un posto non di onore nel calcio italiano. Ionut Radu è ‘quello che’ l’anno scorso ha fatto perdere lo scudetto all’Inter lisciando un passaggio facile facile al compagno Darmian da cui è nato il gol della vittoria del Bologna quando ogni punto era vita o morte nel duello finale col Milan.
Il ragazzo ha cominciato il campionato come l’aveva finito: alzandosi, male, verso il cielo, per bloccare un cross maligno di un giocatore della Fiorentina e, di fatto, buttando la palla nella propria porta.
Ce n’era abbastanza per rispedirlo, se fosse stato possibile, da dove viene, cioè all’Inter, che l’ha dato in prestito ai grigiorossi.
Invece il portiere è stato avvolto di affetto. “Forza Radu!”; “Non è da un particolare che si giudica un giocatore”; “E’ stato solo un episodio sfortunato. Radu avrà il tempo di dimostrare tutto il suo valore”; “Ha commesso un errore gravissimo ma ha salvato il risultato in almeno due occasioni, non si può crocifiggere un portiere quando sbaglia altrimenti gli attaccanti dovrebbero essere sempre sotto giudizio quando si mangiano i gol”; “Radu lo porteremo in trionfo quando ci salveremo”.
“Si è solo impigliato nella rete coi tacchetti” scrive un altro tifoso della ‘Cremo’ consegnando un’immagine quasi comica della papera che rimanda a un tempo antico, a una partita con Oronzo Canà in panchina. A quella Cremonese che negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso era guidata dal presidente Domenico Luzzara che la fece grande per la memoria del giovane figlio morto in un incidente.
Dalla sua gestione sbucarono calciatori come Vialli, Prandelli, Cabrini, Lombardo che la amarano sempre moltissimo. Vialli per festeggiare la promozione dello scorso anno postò una sua foto in grigiorosso. Oggi il presidente è Giovanni Arvedi, sovrano dell’acciaio.
Altri tempi ma è rimasto lo spirito del calcio di periferia che non lascia indietro nessuno.