AGI - Professor Prodi, è uno scenario davvero apocalittico quello che si presenta quest’estate. Temperature record, elevatissime e oltre misura, siccità, fiumi che evaporano e scompaiono, foreste e boschi che bruciano. Ormai il cambiamento è un dato di fatto, è avvenuto e sembra anche che sarà sempre peggio. Qual è la sua riflessione di fronte a questi eventi?
“Le vorrei far vedere la mappa dell’emisfero Nord vista dall’alto, questa mostra che ci sono due enormi aree di alte pressioni, una che chiamano Anticiclone Africano, ma non è vero, si tratta di un Anticiclone Atlantico che va dalle coste degli Stati Uniti sino a noi e adesso interesserà altre zone. Noi stiamo un pochino emergendo, stiamo passando a delle pressioni abbastanza normali ma in Inghilterra e Francia, per esempio, c’è ancora un’alta pressione molto importante”.
Franco Prodi, climatologo e fisico dell'atmosfera, è cauto e anche un po’ restio oggi a dare interviste. Dopo le polemiche che hanno suscitato alcuni suoi interventi. Il suo è un pensiero non corrente, non apocalittico, né catastrofista. Pensiero da quasi da metereologo, più che da climatologo di fama. Non si vuol confondere con ambientalisti e divulgatori ambientali. Dice di avere tutti i titoli accademici, di ricerca, studio e non solo per sostenere le sue tesi e “se la gente gli vuol credere, bene, altrimenti…”. Come dire? Che faccia come gli pare e vada a quel paese. “Io sono un po’ stanco di questa esposizione mediatica”, aggiunge Franco Prodi.
Professore, che significato ha questo scompenso di pressione, nel complesso rispetto allo sconvolgimento del clima?
“Per me si tratta di situazioni estreme, ma meteorologiche. E non è che tutto ciò debba esser messo nel calderone dei cambiamenti climatici. Come dico sempre, il cambiamento è connaturato al clima e il clima non può di per sé non cambiare. Perciò quella che stiamo vivendo è una situazione estrema, che va dal primo di dicembre sino a oggi, con una anomalia abbastanza particolare perché i cicloni che vengono da Occidente verso Oriente, normalmente, stanno alle latitudini intermedie e ci portano le piogge e le nevicate, l’autunno e l’inverno regolari”.
E quest’anno com’è andata?
“Quest’anno c’è stato uno scorrimento a livelli superiori, quindi la coda delle precipitazioni ha trovato le Alpi e le Alpi sono abbastanza importanti per non essere superate, tant’è che queste code di perturbazioni vanno poi a interessare la Svizzera, l’Austria, eccetera. Ciò che accade dal mese di dicembre a oggi”.
Però c’è una sorta di recrudescenza, perché i fenomeni controversi e avversi sembrano acuirsi sempre di più. Non sembrerebbe solo una semplice fase metereologica di passaggio.
“Su questo bisogna dar retta a chi lo fa professionalmente. I climatologi ragionano su periodi superiori ai trent’anni, però bisogna vedere che cosa succede nelle altre parti del mondo, perché a questa nostra situazione molto anomala - ma che sta tutta dentro la meteorologia - corrispondono delle altre situazioni, un altro enorme campo di alte pressioni dalla parte dell’Oceano Pacifico e tanta pioggia nell’Oceano Indiano”.
Nello specifico che indicazioni se ne traggono?
“Bisogna vedere la terra nel suo complesso cosa fa, cosa fa il Pianeta complessivamente prima di avanzare ipotesi e supposizioni. Certo, ripeto, ci troviamo di fronte ad una situazione anomala, direi quasi estrema, data da siccità e temperature elevate, però rientra tutto nella meteorologia. Quando invece vogliamo parlare di clima dobbiamo mediare e ragionare sui trent’anni”.
E come si procede, in questo caso?
“Di solito si confronta il trentennio dal 1960 al 1990 e adesso ci si sposta un po’ più oltre, dal ’70 al Duemila, si confrontano i dati metereologici rispetto a un periodo molto lungo. Non si deve dire c’è il cambiamento climatico, certo c’è un andamento della temperatura nelle nostre zone molto superiore alla media ma in altre sarà meno. C’è una persistenza di alte pressioni che ha portato alla siccità, però - appunto - c’è da pensare che quest’altranno non sarà così”.
Cosa glielo fa pensare, su che basi dice “non sarà così”?
“Sulla base che le situazioni anomale estreme ci stanno tutte in metereologica. C’è stata l’inondazione del Po nel 1951, ma non è che le leggi fisiche siano cambiate. Adesso non vorrei addentrarmi troppo nel tecnicismo, perché dovrei parlare delle forze fisiche responsabili della metereologica, ed ecco quelle non sono affatto cambiate. C’è più vapor d’acqua in circolazione e i sette decimi di grado per secolo in più su tutto il Pianeta di riscaldamento è ammesso e riconosciuto, però può esser una coda del riscaldamento della piccola glaciazione del 1690-1700, può essere anche in questi due secoli di vita l’uomo industriale abbia dato una spinta in più. Ma conoscendo le leggi che stanno dietro il sistema clima le dico non c’è ancora la certezza, come dicono in tanti, che sia al 100% per causa antropica”.
Ovvero, quali altre cause, per esempio?
“C’è la causa antropica ma anche la causa astronomica, che ha dato tutti i cicli del passato, la situazione del sole, la nostra super stella. Ci sono poi delle variazioni dovute alla composizione dell’atmosfera, sia naturale che antropica, c’è tutta una complessità che non è ancora risolta al punto tale da darci delle previsioni sicure. Questa la mia posizione. Ci sono poi naturalmente delle posizioni che vanno per la maggiore, dovute all’International Panel for Climate Change, l’Ipcc, che non è però la sede autentica della ricerca, però ha molto peso, è molto seguita. Io cerco di comunicare quello che è la mia conoscenza accumulata in una vita intere dedicata allo studio soprattutto delle nubi che sono al centro del sistema climatico per aggiungere qualche cautela al catastrofismo e anche qualche cautela al negazionismo”.
Dove spinge questa sua posizione e visione della situazione ambientale?
“Questa mia posizione, che tende a spingere verso la tutela dell’ambiente più che alla lotta al riscaldamento, la quale non è ragionevole finché non sappiamo come si muove il sistema. Mentre l’inquinamento sappiamo misurarlo, sappiamo combatterlo a livello planetario, ma questa è una posizione che tarda a farsi largo. Però io la mantengo perché è la posizione di chi ha avuto un compito statale, sono stato per vent’anni direttore della massima istituzione di fisica del Paese, professione ordinario, e questa è la mia posizione. Chi mi vuol dar retta mi segua, chi non mi vuol dar retta segua le bufale mondiali assecondando le cose che vanno per la maggiore”.
Lei dice che c’è una sorta di esagerazione, una forma di estremizzazione non basata su prove scientifiche ma sul pensiero main stream.
“Sì, perché c’è una tendenza ormai mondiale a ritenere la Co2 responsabile di tutto e l’uomo con essa mentre la situazione è molto più complicata di così. Ma la mia visione è più articolata e non è detto che le cose che noi facciamo sotto l’imperativo della lotta al riscaldamento globale siano le stesse che fanno bene alla protezione dell’ambiente e del Pianeta. Le strategie a lungo termine sono diverse, questo cerco di dire ma sono poco ascoltato”.
Metereologia e climatologia sono scienze diverse e anche opposte? Sulla prima non si può agire mentre sulla seconda sì se si conoscono le cause?
“Guardi, lei deve pensare che la meteorologia conta su delle leggi coerenti, sono cinque equazioni che vengono risolte dal calcolatore, in merito alle previsioni. Nessuno oggi mai si sognerebbe di fare il weekend e partire senza aver dato un occhio alle previsioni, c’è poi una meteorologia del futuro che sia basa sui radar e sui satelliti e sulla meteorologia fisica, il mio campo, la fisica delle nubi, su cui si sono fatti degli enormi progressi negli ultimi quaranta-cinquant’anni, data dalla combinazione della radarmeteorologia e della fisica delle nubi. Non è più previsione, è un’osservazione molto più dettagliata, combinando quel che il radar ci dice dentro la nube e quel che noi sappiamo dei processi della nube. Abbiamo delle possibilità osservative per la conoscenza dello sviluppo microfisico molto importanti adesso, che stanno portando alla meteorologia del futuro e di cui il grande pubblico non è a conoscenza. L’Italia è molto arretrata in questo, il privato ci ha messo del suo”.
E il clima, la climatologia?
“Il clima è la statistica sui dati metereologici, che si può applicare su base stagionale, annuale, quinquennale, ventennale sino a migliaia di anni e milioni di anni attraverso gli indizi che la terra ci dà nella sua paleoclimatologia. Però il sistema climatico non è ancora compreso nelle sue basi fisiche in modo tale da poterci dare delle previsioni. Quello che ci danno i modelli dell’Ipcc, sono degli scenari. E c’è chi da un grado e mezzo in più a fine secolo e chi 8, ma sono solo degli scenari, ma lontani dall’essere delle previsioni. Ma l’evidenza fisica è che le nubi sono al centro del sistema climatico. Personalmente mi sono trovato con una base di conoscenza talmente sicura, profonda, sperimentale, teorica, per dire: attenzione, se non si è capito bene questo bilancio tra protoni solari che arrivano nell’atmosfera e protoni terrestri che se ne vanno nello spazio e nell’atmosfera questo transito degli uni e degli altri è molto complicato, finché non è modellato bene, non siamo in condizione di fare previsioni sicure. Ma lei capisce che, anche umanamente, sono anche un pochino scocciato”.
Però c’è un dato incontrovertibile: bisogna in ogni caso lavorare sull’inquinamento del Pianeta.
“Certo, anche attraverso la sobrietà energetica. Fra un paio di secoli faremo i conti con il fossile che non c’è più. Con le rinnovabili che hanno dei problemi enormi anche loro, giuridici. Io guardo avanti nei due tre secoli prossimi. E dico solo: attenzione. Il fossile è chiaro che porta nell’atmosfera il calore, ma se non ci fosse la Co2 non avremmo neanche l’insalata e i pomodori”.