AGI - Di alleanze e strategie si parla dentro gli organi statutari del Partito democratico. L'appello che Enrico Letta ha lanciato ai gruppi parlamentari dem, prima, e alla segreteria nazionale, poi, sembra caduto nel vuoto. Il dibattito, al momento, imperversa sui quotidiani attraverso interviste e retroscena.
Da qui la presa di posizione di Stefano Vaccari, capo dell'Organizzazione del Pd, che interpellato dall'AGI spiega: "Trovo veramente sbagliato che si discuta sui giornali si quello che dovrebbe o non dovrebbe fare il segretario. Enrico Letta sa meglio di chiunque altro quello che c'è da fare. Ha detto in modo chiaro che si discuterà in direzione la prossima settimana sulla postura che il Partito Democratico dovrà tenere in campagna elettorale, alle elezioni. Ci sarà il coinvolgimento di tutti i segretari regionali, ci sarà la segerteria nazionale. I luoghi per discutere non mancano. Se evitiamo di fare sapere al mondo cosa pensano Tizio, Caio e Sempronio della strategia sulle alleanze sarebbe molto meglio".
La road map indicata da Letta prevede un confronto continuo. Sarà così anche per le candidature?
"Luoghi e tempi per discutere ce ne sono, serve un regolamento per arrivare al percorso per le candidature".
L'ultima volta che il Pd ha discusso di liste è stato nel 2018, con quella che è rimasta famosa - o famigerata - fra i dirigenti del partito come 'La notte delle Liste': l'allora segretario Matteo Renzi si chiuse al Nazareno e le scrisse di suo pugno, lasciando fuori il resto del partito, ministri e capi area inclusi.
"Il regolamento e la discussione per le candidature serve proprio per darsi delle regole atraverso le quali arrivare alle liste. L'ultimo giorno utile per presentarle è il 14 agosto, quando saranno sottoposte alla direzione per l'approvazione. Mi sento di escludere che si arrivi a quanto visto nel 2018. Non sarà semplice, questo no, e forse nemmeno lineare. Ma un obbrobrio come quello non lo ripeteremo".
Per quello che riguarda il programma, sembra che per le forze che hanno sostenuto il governo fino all'ultimo, la stella polare sia l'agenda Draghi. E' così anche per il Pd? "Io non parlerei di agenda Draghi, ma di agenda del Pd, degli alleati e del campo che costruiremo. Nel programma del governo Draghi c'erano tante proposte Pd e altre che non erano del Pd. L'agenda sociale è quella che il nostro partito sicuramente si porterà dietro".
Assieme ai temi dei diritti?
"Su questo rispondo con una affermazione del segretario: dalla pandemia - e, aggiungo io, dalla guerra - si esce a sinistra. Da qui discendono gli impegni del Pd sui diritti sociali e civili. La pandemia, prima, e la guerra poi hanno allargato le diseguaglianze. Tra donne e uomini, tra giovani e anziani, tra territori. Il nostro compito, quello che siamo chiamati a fare, è ridurre queste diseguaglianze. Uno degli ambiti principali è il lavoro".
Se dovesse citare tre titoli di riforme sociali ed economiche imprescindibili per il programma Pd, quali sarebbero?
"Il salario minimo, il rinnovo dei contratti, la riduzione delle tasse per fare avere più soldi in busta paga ai lavoratori. Su questo serve un'idea chiara di futuro per dare dignità a chi lavora e per costruire condizioni perché il lavoro sia un lavoro buono".