AGI - Tra loro si chiamavano 'Frari', fratello in sardo, e si erano ribattezzati con nomignoli come Faruk, Buddo, Bibbo, Bugia, Folegan, il Pugile, Zoppo, Teoria, Amsterdam, Lillo, Sfiga, Maskioo. Dietro questi pseudonimi si nascondevano tifosi violenti, ora accusati di associazione per delinquere finalizzata a organizzare aggressioni, agguati e spedizioni punitive nei confronti dei supporter delle squadre avversarie.
Una parte dei tifosi del Cagliari Calcio del gruppo ultrà degli 'Sconvolts' - 33 su un totale di circa 300 affiliati - è coinvolta nell'indagine della procura di Cagliari, coordinata dalla Direzione distrettuale antiterrorismo (pm Danilo Tronci), che ha portato la Digos del capoluogo sardo a eseguire altrettante ordinanze di custodia cautelare: cinque dei 36 indagati sono finiti in carcere, 13 ai domiciliari, mentre per 11 è stato disposto l'obbligo di dimora e per quattro quello di presentazione all'autorità giudiziaria.
Oltre 200 poliziotti, con unità cinofile e antiesplosivo, sono state impegnati anche in 37 perquisizioni, in cui sono stati sequestrati fumogeni, marijuana, denaro, pugnali, tirapugni, mazze da baseball e bastoni.
Alcuni degli indagati erano stati colpiti da Daspo, almeno in un caso ignorato dal destinatario che si era comunque presentato allo stadio. Altri, tra i presunti leader del gruppo, pur essendo disoccupati, frequentavano ristoranti e resort di lusso, compravano gioielli, orologi costosi, automobili e abiti di marca. Due dei cinque in carcere beneficiavano delle attività illecite contestate al sodalizio, incluso lo spaccio di marijuana, che veniva autoprodotta. Ciò nonostante, poiché risultava formalmente disoccupato, uno di loro incassava ogni mese il reddito di cittadinanza.
Ex calciatore fra gli indagati
Nell'ordinanza di 159 pagine firmata dal gip di Cagliari Roberto Cau compare anche il nome dell'ex calciatore rossoblu (con due partite disputate in Nazionale) Andrea Cossu, dal 2018 nello staff del club sardo. Per lui era stata richiesta una misura cautelare per concorso esterno nell'associazione per delinquere, per i rapporti di amicizia con gli Sconvolts. Il gip non l'ha ritenuta necessaria, in quanto non sussistono le condizioni per la reiterazione del presunto reato.
Con la retrocessione in serie B, infatti, la società ha rinnovato lo staff tecnico. Secondo l'accusa, in qualità di dirigente rossoblu, Cossu aveva consegnato agli Sconvolts indagati abbigliamento tecnico utilizzato dai calciatori del Cagliari durante le partite, che poi il gruppo ha venduto o messo in palio come 'premio' per le lotterie organizzate per autofinanziarsi. All'ex calciatore, inoltre, è contestato il fatto di aver favorito incontri tra gli ultrà e alcuni tesserati del club rossoblu nel centro sportivo di Asseminello, dove si allena la squadra. Con la sua intercessione, i tifosi avevano avuto la possibilità di manifestare ai giocatori e all'allora allenatore Rolando Maran le loro rimostranze per gli scarsi risultati ottenuti in quel momento dalla squadra e per le circostanze di un infortunio subito dal calciatore Leonardo Pavoletti.
Inoltre, sempre secondo quanto emerso dalle indagini, Cossu presenziava alle riunioni degli Sconvolts e ne frequentava la sede, di cui aveva la disponibilità delle chiavi. L'ex calciatore era molto vicino al gruppo, al punto da essersi tatuato il logo ultrà sul polpaccio destro. Le regalie del dirigente al gruppo, secondo il gip, sono una palese violazione alla normativa che vieta qualsiasi forma di contributi, sovvenzioni, facilitazioni, dirette o indirette, elargite dalla società sportiva alle associazioni di tifosi.
Raid, riffe e droga
Il gruppo, che si organizzava per pedinare i rivali al loro arrivo in Sardegna e mettere a segno le aggressioni, si autofinanziava con riffe (a volte truccate a beneficio dei familiari degli indagati) che avevano in palio maglie dei calciatori rossoblu, la produzione di t-shirt e sciarpe col logo degli Sconvolts e anche con piante di cannabis da cui ricavava stupefacente da spacciare. A casa di uno degli indagati, il presunto tesoriere del gruppo, gli agenti hanno sequestrato circa 53 mila euro e un registro in cui veniva tenuta la contabilità.
Sono decine gli episodi di violenza, dall'inizio del campionato di serie A 2018-2019 fino alla primavera di quest'anno, contestati agli indagati, come spiegato dal dirigente della Digos di Cagliari, Antonio Nicolli, e da Luigi Bonagura, direttore del servizio informazioni generale della Direzione centrale di polizia di prevenzione. All'operazione hanno partecipato le Digos della Sardegna (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano) e quelle di Roma e Firenze.
Le aggressioni, accuratamente pianificate secondo gli investigatori, sono avvenute in occasione di partite casalinghe del Cagliari, in città e anche in provincia: erano precedute da perlustrazioni in ristoranti, locali e hotel cittadini dove gli 'ospiti' sarebbero stati alloggiati e sopralluoghi in aeroporto per monitorare i voli in arrivo, in modo da pedinare i tifosi fin dal loro arrivo. Lo scambio di informazioni fra gli indagati avveniva al telefono, anche tramite chat.
All'organizzazione criminale sono attribuite violenze, risse, minacce, attentati alla sicurezza dei trasporti, danneggiamenti e coltivazione e produzione di marijuana. Una piantagione di cannabis è stata sequestrata in locali di cui alcuni degli indagati avevano disponibilità.
Le indagini hanno permesso di individuare i presunti responsabili delle aggressioni contro tifosi del Bologna, del Napoli, del Parma, della Fiorentina, del Leeds, del Brescia e della Lazio. Sono state ricostruiti i ruoli ricoperti dai singoli componenti del gruppo, grazie alle intercettazioni telefoniche e ai numerosi filmati estrapolati dai sistemi di videosorveglianza installati vicino allo stadio e anche nei punti strategici di Cagliari: gli investigatori della Digos hanno visionato ore e ore di video e immagini. Una buona parte degli indagati è difesa dagli avvocati Marcella Cabras (che ne rappresenta 16), Mario Canessa, Marco Cogoni ed Erika Dessì.
La strage sfiorata
Fra gli episodi più gravi, l'assalto a una struttura ricettiva di Capoterra (Cagliari), il 16 dicembre 2018, dov'erano alloggiati tifosi campani, bersaglio di una spedizione punitiva, e il masso lanciato da un cavalcavia il 25 ottobre 2019 contro un pullman di supporter bresciani sulla strada statale 131.
"Una strage sfiorata", hanno precisato gli investigatori: il grosso sasso aveva sfondato il parabrezza, mancando di pochissimo il conducente. Intercettazioni ambientali nella sede degli Sconvolts di Cagliari e sulle utenze telefoniche degli ultrà indagati hanno consentito di evitare un'altra serie di raid programmati dalla parte violenta del gruppo.
Chi sono gli Sconvolts
Il gruppo è nato nel febbraio 1987. Non è gemellato con altre tifoserie e occupa la parte centrale degli spalti della Curva Nord nell'ex Sardegna Arena, lo stadio che ospita le partite casalinghe del Cagliari Calcio. Al contrario, gli Sconvolts - secondo quanto emerso dalle indagini - in passato hanno cercato sistematicamente lo scontro con i tifosi delle squadre ospiti, "persino in occasione di partite amichevoli, indipendentemente da storiche inimicizie".
Negli ultimi anni gli episodi di violenza hanno subito un'escalation, non solo contro tifoserie avversarie ma addirittura contro altri supporter rossoblu. Le vittime, però, non hanno mai sporto denuncia, probabilmente per evitare ritorsioni. È il caso di un commerciante, 'punito' per essersi fotografato con una mascherina anti-Covid col logo degli Sconvolts e aver postato l'immagine sui social. Il suo pestaggio, avvenuto alla periferia di Cagliari nel maggio 2020, è raccontato in un messaggio vocale sulla chat del gruppo.
"E niente, bella giornata", dice in chat agli amici il 'cronista' della spedizione punitiva, "movimentata dai, mi seu spassiau (mi sono divertito, ndr). Pensate che gli ho staccato la barba". La notizia è accolta dagli altri del gruppo con complimenti e commenti d'incoraggiamento: "Bravo frari...bravo. Aicci si fairi" (bravo fratello, così si fa)".