AGI - Alla fine le piogge in questi ultimi giorni sono arrivate. Hanno bagnato il terreno caldo e sono subito evaporate. Ma non hanno certo ingrossato i fiumi o riempito laghi e invasi. Il clima resta estremo e imprevedibile. Mentre da metà giugno sono 900 gli incendi che hanno coinvolto il Paese fino ad oggi, per una media di 20 interventi al giorno da parte della flotta di Stato della Protezione civile. Con Canadair, elicotteri, carabinieri ed esercito.
“È dal 15 giugno che è cominciata la campagna”, spiega in quest’intervista all’Agi il dottor Luigi D’Angelo, responsabile del coordinamento operativo delle emergenze della Protezione civile, che aggiunge: “Una prima considerazione da fare e che noi ci siamo trovati a lavorare in maniera importante dai primi mesi dell’anno anche sulla parte del Nord d’Italia, perché non c’è soluzione di continuità. Si comincia a febbraio con la parte Nord, Nord-Est per via delle condizioni di vegetazione secca, di venti forti, quindi febbraio, marzo, aprile e poi ci si sposta progressivamente verso il Centro e il Sud Italia".
Quindi la novità degli incendi, in verità quest’anno riguarda il Nord Italia. Così come l’emergenza idrica, a partire dal Po, è così?
“Sicuramente negli ultimi tempi c’è al Nord una maggiore predisposizione agli incendi, all’innesco, alla propagazione del fuoco, magari poi ci sono anche delle cause che possono esser varie, di altra natura. Non sempre infatti c’è la mano dell’uomo, ci sono anche i venti forti. Sta di fatto che per esempio ad ottobre scorso abbiamo dovuto mandare due Canadair in Austria, perché c’era un incendio del sottobosco che non riuscivano a domare da dieci giorni. Ed era ottobre…”.
Cosa significa, in particolare, questo riferimento all’Austria?
“Dimostra che questi fenomeni coinvolgono anche gran parte dell’Europa, persino in zone di cui prima non s’immaginava e che non vivevano delle condizioni particolari per qua to riguarda la propagazione degli incendi. Però questa volta le temperature, la mancanza di acqua ha determinato comunque delle condizioni che predispongono ed espongono agli incendi”.
L’Italia, da questo punto di vista, la possiamo considerare una vera propria polveriera in questo momento sotto il profilo della predisposizione agli incendi?
“Ci sono delle condizioni di temperatura e di vegetazione piuttosto secca, e anche di vento, che fanno sì che in Italia ci siano comunque delle zone particolarmente votate alla propagazione degli incendi. Purtroppo ci sono condizioni di contorno molto ma molto critiche in taluni momenti della giornata nelle condizioni del nostro Paese. Tuttavia non generalizzerei francamente, ma lei consideri che dalla Sicilia alla Sardegna, in Puglia e Calabria, tutta la zona centro-meridionale, anche il Lazio, in questi giorni le condizioni sono particolarmente critiche”.
Nell’ordine di quanti incendi possiamo parlare? Qual è la media?
“Dal 15 giugno, inizio della stagione, abbiamo registrato circa 900 incendi, dati che provengono dalle Regioni. Di questi, 235 ad oggi hanno determinato la richiesta dell’intervento della flotta di Stato, cioè di uno dei 34 mezzi che la compongono, Canadair, elicotteri, oltre altri elicotteri ausiliari dell’esercito, dei carabinieri. Nella giornata di oggi siamo arrivati a 18. Riceviamo una media giornaliera di 20 interventi circa in questo periodo”.
Tutto questo, come sempre, è favorito dalla siccità che però in questa fase è più cruenta. L’acqua manca ovunque, fiumi, laghi, bacini. Cosa si dovrebbe fare e cosa si sta facendo per scongiurare il pericolo?
“Se parliamo di incendi le cose più importanti sono sicuramente l’attività di prevenzione, che deve essere finalizzata a far sì che boschi e sottoboschi siano sempre puliti, senza sterpaglie. Purtroppo, però, in questi giorni registriamo degli incendi che definirei urbani, nel senso che all’interno dell’anello del Raccordo di Roma si stanno sviluppando degli incendi, come accaduto alla Muratella, alla Magliana, o alla Pineta Sacchetti. Ma non sono gli unici, è accaduto anche vicino alla Centrale del latte. Quindi, da un lato c’è il tema della manutenzione ma che riguarda anche le sterpaglie all’interno delle zone cosiddette d’interfaccia, cioè di interazione tra la parte di vegetazione e la zona urbana”.
Però la manutenzione non si riesce più a fare, in realtà. La si invoca ma non la si fa più. O per mancanza di mezzi, uomini, soldi o perché anche si tende a risparmiare… Non si fa ai lati delle strade, nelle piazzole spartitraffico tra una doppia corsia e l’altra… C’è una generale grande questione economica.
“Per carità, io poi non entro nel merito del perché non venga fatto, però se lei mi chiede cosa bisognerebbe fare io le rispondo la manutenzione va fatta. E va fatta un’opera di manutenzione importante, di pulizia del sottobosco, delle aree anche dei parchi naturali. Chiaramente questo è un discorso che va affrontato a partire da marzo-aprile, e laddove non viene fatto noi significa che in questo periodo ci troviamo di fronte a delle condizioni particolarmente critiche. Questa è una delle questioni”.
E rispetto alla carenza d’acqua?
“Rispetto al discorso della carenza d’acqua, io lo vedrei più come un percorso legato al processo del ciclo della vegetazione che determina il fatto che noi già adesso ci troviamo con una vegetazione secca, che ha compiuto il suo ciclo, perché purtroppo non ci sono state abbondanti piogge. Per quanto riguarda invece la lotta attiva agli incendi, diciamo che ci aiuta in qualche modo avere chilometri e chilometri di costa. Perché gli aerei più performanti, che sono poi i Canadair, la raccolta dell’acqua la fanno direttamente in mare, in genere. Oppure con gli elicotteri si lavora bene in tanti parchi dove ci sono i bacini artificiali, i laghi e a volte si va a pescare proprio lì. Insomma, le necessità idriche allo stato attuale non mancano, l’operatività non è particolarmente complicata o compromessa, però la vegetazione che troviamo ovunque è comunque molto secca. E questo dipende dalla forte siccità”.
In futuro cosa ci aspetta? C’è un aspetto di questa vicenda che è legato fortemente al cambiamento climatico, come ormai è sempre più evidente.
“Personalmente spero che questi cambiamenti comincino a ritornare verso un ciclo di clima che poi si alterna. La speranza che ci possano essere delle condizioni leggermente migliori”.
Si spieghi.
“Consideri che noi abbiamo riscontrato un ciclo quinquennale nell’alternarsi dei picchi degli incendi. Cosa significa? Rispetto a tutti i dati che le dicevo prima sugli interventi aerei, noi registriamo gli incendi più gravi ogni cinque anni. Cioè a partire dal 2007 c’è sempre un anno molto critico. E purtroppo il 2022 è uno di questi. Rispetto agli incendi di cui le ho parlato, 235 interventi fino ad ora sono paragonabili a quello che è accaduto fino ad oggi a partire dal 2007 nello stesso periodo”.
Cos’è accaduto nel 2007?
Non solo nel 2007, nel 2012, nel 2017 e purtroppo anche nel 2022 registriamo una sorta di ciclicità di picchi e poi gli anni successivi sono più miti. Quindi guardando al breve periodo noi osserviamo questa ciclicità, mi auguro che l’anno prossimo sia più mite da questo punto di vista”.
Dal punto di vista dell’entità del territorio compromesso, quali sono i danni calcolabili?
“L’entità precisa fino ad ora non gliela saprei dire, perché è un dato che noi riceviamo sempre dopo. Quando c’è un incendio la rilevazione che va a fare il nucleo Carabinieri forestali ce la restituisce nella sua complessità più avanti nel tempo. Lo sapremo forse alla fine di luglio. In quel caso potremo tirare le somme e fare un bilancio vero”.