AGI - Centinaia sulle navi ong chiedono di essere accolti, mentre drammi e tragedie si consumano in Italia e non solo: dalla strage di Melilla, con l'appello ad abbattere i "muri di morte", al lavoratore gambiano deceduto dopo un incendio nel ghetto del Foggiano.
I numeri
Sono 538 finora i migranti a bordo delle navi ong che chiedono un porto sicuro. Sulla 'Sea Watch 4' sono 304, molti dei quali a bordo anche da otto giorni; 19 sono sulla barca a vela 'Nadir' di Resqship; 59 sulla Louise Michel.
Sono 156 i migranti sulla Ocean Viking di Sos Mediterranee: tra loro 45 donne, 68 minori non accompagnati, 6 bambini e un neonato di 9 mesi. "Chiedono un porto sicuro. Negandolo, le autorità italiane violano il diritto internazionale. Fateli scendere", affermano le ong.
"L'italia ci accolga"
"Vogliamo entrare in Italia perché stiamo fuggendo da condizioni di vita difficili, nonché da crisi politiche e situazioni in cui il rispetto dell'essere umano o dei diritti umani non esiste": così scrivono alcuni dei migranti soccorsi dalla spagnola Louise Michel.
"Ci sono persone tra noi - aggiungono i migranti soccorsi - che non trovano il sostentamento quotidiano. Non vogliamo tornare in Libia perché non rispettano ne' gli esseri umani ne' i diritti umani, e ci sono molte violazioni dei diritti umani all'interno delle carceri libiche dove non rispettano ne' gli esseri umani ne' i loro diritti. Vorremmo ringraziare la nave Louise Michel e il suo equipaggio che ci ha salvato dalla morte e ci ha salvato dalle mani delle milizie libiche".
La strage di Melilla. "Giù i muri di morte"
E dopo la strage di Melilla, la portavoce della Commissione europea, Nabila Massrali afferma che "la violenza e i morti nel punto di attraversamento di Melilla rappresentano una grave preoccupazione. I nostri pensieri vanno alle famiglie dei migranti che hanno perso la loro vita e ai feriti, tra cui diversi membri delle forze di sicurezza marocchini e spagnoli. Siamo in contatto con le autorità marocchine per capire chiaramente le circostanze della situazione. Così come ci coordiniamo con le autorità spagnole".
Ormai quella di venerdì sera a Melilla - con Ceuta, una delle città del confine di terra tra la Spagna e il Marocco - "si delinea come una vera e propria strage di migranti tra l'Europa e l'Africa, la Spagna e il Marocco". Un "muro di morte" che ha causato 37 morti, centinaia di feriti, soprattutto tra i migranti, ma anche tra gli agenti, ha sottolineato monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio, presidente della Commissione Cei per le migrazioni e della Fondazione Migrantes. "Abbattere i muri, i 16 dell'Europa e i 70 del mondo, sarebbe un atto di civiltà" e "di democrazia", sottolinea.
Il ghetto in fiamme
Intanto, il corpo carbonizzato di un lavoratore gambiano, Joof Yusupha, di 35 anni e' stato trovato questa mattina nel ghetto di Rignano Garganico, nel Foggiano dove e' scoppiato un incendio. Le fiamme hanno avvolto due baracche. Nell'insediamento vivono centinaia di braccianti stranieri che lavorano nelle campagne. I sindacati ricordano come "quell'area e' stata oggetto di sgombero da parte della Regione Puglia quando era nota come Gran ghetto di Rignano, ma attorno alle case mobili fornite dall'ente sono tornate in poco tempo baracche in legno e lamiere. Nel 2017 nello stesso luogo, sempre a seguito di un incendio, persero la vita altri due lavoratori stranieri".