AGI - "Le atrocità compiute non dipendevano da scelte individuali dei militari impegnati sul campo, bensì erano parte integrante di un preciso disegno strategico ideato al vertice del Reich": è il cuore della sentenza (non ancora definitiva) del Tribunale civile di Bologna sulla strage di Marzabotto in cui si riconosce il diritto risarcitorio ai familiari delle vittime sulla base della pronuncia della Corte costituzionale italiana del 2014.
Secondo quanto stabilito dal tribunale del capoluogo emiliano, la Germania dovrà dunque risarcire i parenti dei civili uccisi dai nazisti. Tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944 quattro Compagnie del 16 Reparto Ricognitori della Panzergrenadier division Reichsfuhrer SS assassinarono circa 800 persone fra cui centinaia di donne, anziani e bambini, anche di pochi mesi.
I giudici della Corte Costituzionale, nel 2014, sancirono il principio di diritto secondo cui, a fronte della perpetrazione di un crimine internazionale - crimini di guerra, crimini contro la pace e crimini contro l'umanità - è possibile per il giudice italiano derogare al principio di immunità degli Stati.
Nella recente sentenza del tribunale di Bologna - come ricordano gli avvocati del pool che rappresenta i parenti delle vittime - ci sono dei passaggi che costituiscono dei "punti fermi sulla strage di civili più grave dell'Europa Occidentale nel Secondo conflitto mondiale".
"Nel corso dell'operazione militare - si legge nella sentenza - diretta a contrastare la formazione partigiana 'Stella Rossa', tra il 29 ed il 30 settembre 1944 e successivamente tra il 1 ottobre ed il 5 ottobre dello stesso anno, nella zona ricompresa tra i Comuni di Marzabotto, Monzuno e Grizzana Morandi, alcuni membri del settore armato delle SS (c.d. Waffen SS), appartenenti alla 16^ Divisione-SS Corazzata Granatieri comandata dal generale Max Simon e, più specificamente, al 16 Reparto Ricognitori comandato dal Maggiore Walter Reder, si rendevano responsabili di plurimi eccidi che colpivano le famiglie degli odierni attori".
In quei giorni, "non solo uomini ma anche donne, bambini e anziani, benché del tutto estranei alle attività militari in corso - questo un altro passaggio della pronuncia dei giudici - venivano barbaramente uccisi, senza alcuna necessità o giustificato motivo, dagli appartenenti alle SS, che, come accertato dal Tribunale Militare di La Spezia nella sentenza resa il 13 gennaio del 2007, agivano in esecuzione dell'ordine loro impartito di 'uccidere tutti e distruggere tutto'. Le atrocità compiute, infatti, non dipendevano da scelte individuali dei militari impegnati sul campo, bensì erano parte integrante di un preciso disegno strategico ideato al vertice del Reich, recepito in Italia per il tramite delle direttive del Feldmaresciallo Kesselring e infine messo in atto dal membri del 16 Reparto Ricognitori della 16^ Divisione SS Corazzata Granatieri, i quali eseguivano gli ordini del Maggiore Reder, come riconosciuto sia dal Tribunale Militare di Bologna il 31 ottobre del 1951, sia dalla Corte di Appello di Roma nella sentenza del 7 maggio 2008".
Premettendo una "analitica ricostruzione dei fatti, il Tribunale civile bolognese - spiegano i legali delle famiglie delle vittime - affronta e risolve, rigettandole, le due eccezioni avanzate dalla Repubblica Federale Tedesca, relative al difetto di giurisdizione e alla prescrizione del diritto al risarcimento.
Ecco il passaggio:
"Secondo i giudici italiani, il riconoscimento ormai generale del primato assunto dai valori fondamentali connessi alla dignità della persona umana non avrebbe potuto che comportare il diniego dell'immunità dello Stato straniero in relazione a condotte che, ancorché serbate iure imperii, integravano crimini contro l'umanità o crimini di guerra. Si riteneva, in sostanza, che l'operatività dell'immunità per gli acta iure imperii fosse da intendersi preclusa per i delicta imperii, cioè per quei crimini compiuti in violazione di norme internazionali di ius cogens, fra cui le attività poste in essere dagli organi e dai rappresentanti del Reich tedesco, fra il 1943 e il 1945, lesive dei valori fondamentali della persona o integranti crimini contro l'umanità".
La recente sentenza del Tribunale bolognese, ripercorrendo l'evoluzione giurisprudenziale italiana, inaugurata dalla sentenza a Sezione Unite civili della Cassazione del 2004 (caso Ferrini), richiama la Corte costituzionale del 2014 affermando che quest'ultima "affermava che quella parte della norma consuetudinaria, come ricostruita dalla Corte internazionale che aveva riconosciuto l'immunità dello Stato straniero dalla giurisdizione civile in relazione ad azioni risarcitorie per danni prodotti da crimini di guerra e contro l'umanità, commessi anche sul territorio italiano dalle truppe del Terzo Reich, non sarebbe mai entrata nell'ordinamento interno, e non avrebbe potuto dispiegarvi quindi alcun effetto, incontrando i limiti costituiti dal rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento interno, quali sono quelli espressi dagli artt. 2 e 24 della Costituzione.
La Corte, facendo applicazione della teoria c.d. dei 'controlimiti', per la quale l'apertura dell'ordinamento interno a valori esterni, espressi tanto da norme internazionali consuetudinarie quanto da norme pattizie, incontra i limiti necessari a garantire l'identità dell'ordinamento stesso, negava l'ingresso nell'ordinamento giuridico italiano ex art. 10 Cost. della norma internazionale sull'immunità degli Stati dalla giurisdizione civile, così come interpretata dalla Corte Internazionale di Giustizia, ossia nel senso di comprendere anche gli acta iure imperii compiuti in violazione del diritto internazionale e dei diritti fondamentali della persona: ad avviso della Consulta, lo sbarramento sarebbe disceso naturaliter dal manifesto contrasto tra quella norma e gli artt. 2 e 24 Cost., posti quali 'controlimiti' a presidio della dignita' della persona".
Conclude in questo capitolo la sentenza affermando: "Questo giudice non ha motivo di discostarsi dall'insegnamento reso dalla Corte costituzionale italiana, e reputa doveroso uniformarsi alla giurisprudenza interna sia di legittimità che di merito, oramai assolutamente consolidata nel negare immunità alla Germania per i crimini nazisti compiuti nel nostro territorio. Sussiste dunque giurisdizione del giudice ordinario a pronunciarsi in merito alla domanda risarcitoria".
Infine, sotto il profilo dell'imprescrittibilità dell'azione "i pronunciamenti citati" ovvero l'orientamento giurisprudenziale italiano in materia di crimini di guerra "ripetono che i crimini internazionali minacciano l'intera umanità e - si spiega nella sentenza - minano le fondamenta stesse della coesistenza internazionale, concretizzandosi nella violazione, particolarmente grave per intensità o sistematicità, dei diritti fondamentali della persona umana, la cui tutela è affidata a norme inderogabili che si collocano al vertice dell'ordinamento internazionale, prevalendo su ogni altra norma, sia di carattere convenzionale che consuetudinario".