AGI - Con la diffusione dell'epidemia di vaiolo delle scimmie, il virus Monkeypox ha un'opportunità senza precedenti di stabilirsi in specie non africane, che potrebbero infettare gli esseri umani e fornire maggiori opportunità per l'evoluzione di varianti più pericolose.
Questo allarmante scenario è al centro di un approfondimento della rivista Science, nel quale si ripercorrono le similitudini tra la situazione attuale e gli eventi del 2003, quando oltre 70 persone sono state infettate dal virus.
Durante la scorsa epidemia, una bambina di 3 anni del Wisconsin è stata la prima persona all'esterno dei confini dell'Africa a cui è stato diagnosticato il vaiolo delle scimmie. Nei due mesi successivi, decine di persone avevano contratto l'infezione, accertata o presunta.
Il vaiolo delle scimmie, provocato da un virus molto pericoloso, è endemico in alcune zone dell'Africa, e attualmente non esistono serbatoi esterni al continente.
I casi recenti, tuttavia, hanno portato gli esperti a sollevare la preoccupazione che l'agente patogeno possa stabilirsi permanentemente nella fauna selvatica al di fuori dell'Africa, formando un serbatoio che potrebbe portare a ripetuti focolai umani.
"La possibilità che gli esseri umani infettati dal virus del vaiolo delle scimmie lo diffondano alla fauna selvatica al di fuori dell'Africa - afferma William Karesh, un veterinario dell'EcoHealth Alliance - suscita seria preoccupazione".
"Le indagini sugli animali selvatici nel Wisconsin e nell'Illinois - osserva Anne Rimoin, un'epidemiologa dell'Universita' della California a Los Angeles - non hanno mai rilevato endemia per il virus del vaiolo delle scimmie nelle specie analizzate. Non si conoscono inoltre episodi di trasmissione tra esseri umani e per adesso la situazione non è degenerata".
Alcuni virus, spiegano gli scienziati, passano facilmente tra le varie specie e rimbalzano continuamente accumulando mutazioni. "La prospettiva di serbatoi di vaiolo delle scimmie negli animali selvatici al di fuori dell'Africa - commenta Bertram Jacobs, virologo dell'Arizona State University (ASU) di Tempe - è uno scenario davvero spaventoso".
L'Autorità europea per la sicurezza alimentare ha affermato che al 24 maggio nessun animale domestico o selvaggioextra-africano era stato infettato, ma allo stesso tempo ha precisato che sarà necessario avviare e stabilire un'attenta collaborazione tra autorità sanitarie e veterinarie per la gestione di animali domestici esposti a Monkeypox.
"Ci sono ancora molte lacune nella conoscenza relativa al vaiolo delle scimmie - sostiene Grant McFadden, un ricercatore dell'ASU - sembra che la resistenza all'immunità dell'ospite dipenda da una famiglia di geni che codificano proteine poco conosciute".
"Non possiamo ancora sapere se il vaiolo delle scimmie sarà in grado di stabilirsi in modo permanente nelle popolazioni di animali selvatici extra-africani - conclude Lisa Hensley, microbiologa del Dipartimento dell'agricoltura degli Stati Uniti - in questo momento non siamo in grado di fare previsioni. Sappiamo soltanto che siamo di fronte a una potenziale minaccia di cui conosciamo meno di quanto pensiamo".