AGI - "Guardavo dalla finestra per capire come comportarmi. Essendo sordo non sentivo i bombardamenti e così quando vedevo le persone correre in strada, scattavo anche io per mettermi al riparo nei sotterranei. Ma non ero protetto, non sempre venivo avvisato quando suonavano le sirene. Così sono stato costretto a lasciare la mia città e il mio lavoro. Voglio una vita al sicuro".
Anatolii Borisenko, 42enne non udente di Kiev, è testimone di una guerra senza rumore, ma non certo meno drammatica.
"Sono arrivato con mia moglie e mia figlia il 6 marzo scorso a Piacenza - racconta all'AGI - e sono stato accolto in una struttura gestita dalle suore. Qui stiamo molto bene. Abbiamo lasciato l'Ucraina in auto, attraversando la Romania, la Slovacchia, fino all'Italia. Due giorni di viaggio con brevi tappe solo per riposare un po' e per fare benzina".
Anatolii, ex insegnante di educazione fisica, ora deve misurarsi con le difficoltà legate alla comunicazione. Parla la lingua dei segni russofona diversa da quella italiana (Lis).
E trovare un interprete non è un'impresa facile. "Per fare la spesa basta la comunicazione visiva ma, ad esempio, per le visite mediche o altre pratiche burocratiche serve una persona che traduca il mio linguaggio dei segni . A volte scrivo una frase in ucraino nel cellulare e poi la mostro tradotta in italiano, ma per le cose più complicate non è possibile".
Sono ore di grande lavoro per l'Ente nazionale sordi (Ens) che si occupa di assistere i profughi ucraini scappati dalla guerra, fornendo interpreti e mediatori. In Emilia Romagna l'associazione onlus segue un'ottantina di persone ma c'è ancora da costruire una rete con le istituzioni e le strutture di accoglienza.
"È una situazione molto difficile", spiega all'AGI Giuseppe Varricchio, presidente dell'Ens Emilia Romagna. "Le istituzioni - questo il suo appello - facciano riferimento alla nostra associazione.
È importante che non ci si affidi a chiunque. Spesso ai profughi sordi che provengono dall'Ucraina mancano le informazioni di base.
Ad esempio, in molti arrivano in auto, ma non sanno che non basta l'assicurazione del loro Paese. Devono attivare una polizza italiana e alcuni non avendolo fatto hanno preso la multa. Per la maggior parte dei profughi sordi anche le visite mediche rappresentano un problema perché non riescono a comunicare con il personale sanitario".
Costruire una 'maglia di sicurezza' tra tutti gli attori principali dell'accoglienza equivale anche a garantire una maggiore sicurezza.
"Ci hanno segnalato la presenza di una famiglia di profughi sordi a Fiorenzuola - racconta all'AGI Natalia Tuzza, presidente della sezione di Piacenza dell'Ens - ma non siamo riusciti a rintracciarli. Abbiamo contattato molti sindaci del Piacentino oltre alla Prefettura e la Questura raccomandando di indirizzare a noi queste persone. Il rischio è che non siano in grado di comunicare ad esempio con i medici".
Un'altra questione è legata ai minori. "Siamo preoccupati perché non sappiamo se le scuole - ha detto Varricchio - siano attrezzate per accogliere questi bambini. Oltre all'insegnante di sostegno è necessario anche un interprete".
In Italia Anatolii sogna un nuovo inizio ma in Ucraina ha lasciato genitori e parenti. "I militari russi si stanno ritirando da Kiev, spero che si arrivi alla pace".