AGI - In Ucraina arrivano le armi dall’Europa: molti paesi della NATO stanno rafforzando il sostegno politico e pratico all’Ucraina con armi anticarro, missili per la difesa aerea, armi leggere e munizioni. L’escalation militare prosegue, non c’è alcuna indicazione concreta di un imminente “cessate il fuoco”.
Sul fronte europeo si sta negoziando l'uso della European Peace Facility, uno strumento finanziario per acquistare materiale militare e umanitario, una svolta in termini di politica estera europea. In Italia i partiti sono divisi sull'opportunità di aggiungersi alla lista dei Paesi che stanno inviando armamenti, ma il Consiglio dei ministri ha approvato all’unanimità un decreto con l’obiettivo di garantire sostegno e assistenza al popolo ucraino attraverso la cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari.
In questi giorni stiamo assistendo a prese di posizione di massa e scostamenti massicci nell’opinione pubblica in una moltitudine di paesi, ma l’orientamento politico degli italiani sembra subire ben poche variazioni. Con gli algoritmi di intelligenza artificiale di Kpi6* abbiamo analizzato le conversazioni in rete, per capire orientamenti e percezioni, in particolare sulla scelta di armare l’Ucraina con l’invio di materiale bellico.
Oltre un milione di Tweet sulla guerra, più di 1.700 ogni ora, solo in Italia. I volumi di conversazioni e interesse su Twitter restano molto alti, sebbene il picco si sia registrato il 24 febbraio quando la Russia ha attaccato l’Ucraina. I picchi di conversazioni e i thread negli ultimi giorni, coincidono con il 26 e 27 febbraio, con il messaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha smentito la notizia della sua evacuazione: “Non credete alle fake news, sono ancora qui. Girano informazioni false online secondo cui io inviterei il nostro esercito a deporre le armi e che c’è l’evacuazione”.
Negli stessi giorni il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha deciso con 11 voti a favore, uno contrario (la Russia), e 3 astenuti (tra cui la Cina) di convocare una sessione speciale di emergenza dell'Assemblea generale (non succedeva dal 1982), per adottare una risoluzione di condanna dell’invasione dell'Ucraina.
Analizzando le conversazioni per osservare le opinioni dei favorevoli e dei contrari all’invio di armi all’Ucraina, prevalgono le audience che prediligono esclusivamente l’opzione diplomatica e la soluzione pacifica. Tra le frasi più ricorrenti osserviamo “L’Italia ripudia la guerra” menzionando l’articolo 11 della Costituzione, “governo complice”, “non sono d’accordo con Draghi”. Non irrilevante, ma quantitativamente meno consistente, l’audience favorevole al supporto militare; in questo caso tra le frasi più presenti all’interno dei contenuti pubblicati sui social, troviamo “atto barbaro” e “Putin userà armi nucleari”.
Al centro delle conversazioni sulla guerra rientra anche il Ministro degli esteri, Luigi di Maio, le cui dichiarazioni su Putin stanno facendo discutere in rete. Molti utenti e leader politici hanno disapprovato l’intervento del ministro, sostenendo siano parole inadeguate se pronunciate da una carica istituzionale. Il sentiment negativo sul ministro è cresciuto dal 18% al 33% e l’emozione prevalente nelle conversazioni a lui associate, è la rabbia.
Le forze politiche di sinistra, Potere al Popolo e LeU sono quelle che hanno parlato di più sui social dell’invio delle armi in Ucraina, pubblicando rispettivamente il 18% e il 19% in più di contenuti, seguite da Fratelli d’Italia e Lega. Molto più ridotti i volumi di conversazioni del Partito Democratico e Forza Italia. Se invece allarghiamo il focus all’utilizzo dei social, su tutti i temi politici in discussione in questi giorni, dal green pass alla riforma del catasto, la Lega e Fratelli d’Italia si confermano i più attivi.
Mentre in Russia i media sono fortemente condizionati dal governo, la guerra in Ucraina rappresenta un ulteriore banco di prova per i social media, ancora una volta al centro del dibattito per non aver reagito, secondo alcuni osservatori e addetti ai lavori, in modo rapido e convincente alla propagazione di fake news. Dopo Facebook, è la volta di Twitter, oggetto di nuove restrizioni in Russia, nonostante non ci siano ancora comunicazioni ufficiali del Cremlino.
Come era prevedibile l’attacco all’Ucraina ha prodotto conseguenze sulla circolazione delle informazioni sulle principali piattaforme digitali, sulle quali migliaia di persone pubblicano immagini e video in tempo reale, con hashtag tematici in grado veicolare milioni di visualizzazioni in poche ore, ma con il forte rischio di rappresentare una narrazione inquinata da fake news e fatti alterati.
*Analisti: Gaetano Masi, Pietro La Torre. Design: Cristina Addonizio. Giornalista, content editor: Massimo Fellini