AGI - In piena emergenza Covid, con l'Italia alle prese con il primo rigido lockdown, era finito in carcere il 9 aprile del 2020 perchè sospettato di aver alterato una gara Consip da 15,8 milioni euro per l’acquisto e la fornitura di 3 milioni di mascherine mai arrivate nel nostro Paese. Il gip, che aveva firmato la misura cautelare, lo aveva definito "soggetto poco affidabile nel mondo degli appalti pubblici", al punto da attribuirgli "una manovra spregiudicata e d'azzardo (cioè sui due tavoli dei tempi e della capacità di consegna dei dispositivi di protezione) giocata sulla salute di chi attendeva quelle mascherine".
Dopo due anni da incubo, l'imprenditore Antonello Ieffi si è vista riconoscere dalla Cassazione la buona fede e la trasparenza del suo operato.
Finito a giudizio su richiesta della procura di Roma, Ieffi era stato condannato in primo e secondo grado a due anni e mezzo di reclusione per il reato di turbativa d'asta (e assolto, "perchè il fatto non sussiste", dall'imputazione di inadempimento delle pubbliche forniture). Ma i giudici della sesta sezione penale della Suprema Corte hanno annullato senza rinvio la sentenza di appello, sempre “perché il fatto non sussiste”, chiudendo definitivamente la questione. Con grande soddisfazione della difesa, rappresentata dagli avvocati Carlo Bonzano e Luigi Annunziata secondo cui le mascherine c'erano ma non arrivarono a destinazione non certo per colpa del loro assistito.
Ieffi, dal canto suo, si è sempre difeso sostenendo di "aver agito con lo spirito di fare del bene per il nostro Paese: abbiamo perso l’occasione di fare arrivare in Italia tre milioni di mascherine, che nel pieno dell’emergenza da coronavirus avrebbero fatto molto comodo - si sfogò davanti al giudice del tribunale -. E invece sono stato pure arrestato e in questa operazione ci ho rimesso 480mila euro".
L'imprenditore raccontò al processo la sua verità sull'operazione, saltata all'ultimo momento, che prevedeva il trasferimento a Malpensa di un carico di tre milioni di mascherine, parcheggiato in un magazzino a due passi dall'aeroporto cinese di Guangzhou Baiyun: "Quel carico doveva partire il 16 marzo 2020 ma nel pomeriggio il Qatar decise di imporre il blocco del proprio spazio aereo. Un problema per noi, perchè il nostro volo doveva passare proprio da lì. Così, per segnalare quanto stesse accadendo, decisi di scrivere una mail al ministro degli Esteri Luigi Di Maio, prendendola dal sito istituzionale. La mattina successiva mi scrisse furibondo l'ad di Consip Cristiano Cannarsa che con tono fin troppo minaccioso mi chiese come mai mi fossi permesso di scrivere a Di Maio e poi mi disse di girargli al più presto tutti i contratti perchè secondo lui questo affare non era serio".
Dopo poche ore a Ieffi arrivò una diffida da parte della stessa Consip che lo escludeva dalla gara per una serie di irregolarità tributarie che la società dell'imprenditore non aveva sanato. "Io a Cannarsa - riferì in udienza l'imprenditore - girai tutta la documentazione e i miei contatti in Cina. Mi risulta che da parte di Consip non fu effettuata alcuna ispezione per verificare l'effettiva esistenza del carico di mascherine".