AGI - "Il mio ricordo più forte è quando ho visto che le SS non c’erano più: erano scappate al mattino presto. I prigionieri erano armati e le SS rimaste erano in un recinto, con uno di noi di guardia che impediva che qualcuno potesse andare a picchiarli. Ecco il mio ricordo più forte. Gli altri ricordi brutti li ho mandati via".
Gilberto Salmoni, classe 1928, è un sopravvissuto al campo di concentramento tedesco di Buchenwald, "la foresta di faggi".
Nel giorno della Memoria, nella cerimonia ufficiale che si è tenuta stamane a palazzo Ducale, racconta di quando fu arrestato a 16 anni con tutta la famiglia, di quando venne prima internato a Fossoli e poi deportato insieme al fratello in Germania. Arrivò di notte: scesero dal treno, fecero una ventina di metri a piedi, nel buio. I genitori e la sorella furono mandati ad Auschwitz, dove trovarono la morte.
"A Fossoli c'era il campo di smistamento - dice, ripescando nella memoria le immagini di quando la sua vita cambiò drasticamente - Da lì si andava nei campi veri, quelli di sterminio, o in altri simili a Buchenwald, dove non c’erano camere a gas, ma c'era il forno crematorio. Sono comunque morte 50 mila persone di stenti, lavoro massacrante, malnutrizione e freddo".
Mentre racconta, Salmoni ha gli occhi lucidi, ma le lacrime non scendono più: "E' una cosa talmente distante che ora sembra incredibile sia accaduta. Ma è così: la Germania era disseminata di campi per i nemici, per chi era di 'razza' ebraica".
Salmoni ricorda anche il momento della cattura: "Successe alla frontiera Svizzera per un nostro errore, o forse un errore delle nostre guide: eravamo al confine, non ci restava che scendere da un monte. Invece ci hanno fatto tornare indietro di duecento metri, in una capanna: faceva freddo, c'era molta neve, si affondava. Ci fermammo. Lì, forse - continua a raccontare commosso - qualcuno ci ha segnalato: sono venute tre persone della milizia e ci hanno arrestato".