AGI - Non solo perdonò i nazisti, ma amava i giovani e per loro col tempo ha trovato la forza di raccontare, anche quel sorriso dolce di sua madre che lo salvò dalla morte e che lo accompagnò sempre.
Tanti i riminesi - semplici cittadini, alunni e insegnanti - che hanno partecipato alla tumulazione delle ceneri di Franco Leoni Lautizi, testimone della strage di Marzabotto, morto a 83 anni il 16 aprile scorso. Una cerimonia toccante e commovente, iniziata con i saluti delle autorità civili e religiose. Uno dei suoi figli ha voluto ricordarlo leggendo la poesia che Lautizi dedicò alla madre, la donna che col suo sacrificio riuscì a salvarlo dalla furia assassina dei carnefici. "Per anni Franco è stato dipendente del Comune di Rimini, un impiego che ha sempre onorato- ha ricordato la vice sindaca di Rimini Chiara Bellini - con grande dedizione mettendosi al servizio degli altri. È anche grazie a questo passaggio che costruisce la sua famiglia e, soprattutto, trova la forza di compiere il passo più difficile e meno dovuto: quello di raccontare".
Franco Leoni Lautizi, ricorda l’Associazione nazionale vittime civili di guerra, all’età di sei anni riuscì, grazie al sacrificio di sua madre Martina Sassi, a salvarsi dalla strage di Monte Sole, il più feroce eccidio di civili in Italia ad opera delle SS comandate dall’ufficiale tedesco W. Reder, che dal 29 settembre al 5 ottobre 1944 massacrarono per rappresaglia 775 civili innocenti, dei quali 216 erano bambini (la storia è narrata nel film “L’uomo che verrà” (Italia 2009).
Scrisse così “Mia Madre”, poesia in memoria della propria mamma: la donna, in procinto di partorire lo ha protetto col proprio corpo dalle mitragliate tedesche, lasciandolo ferito: una targa è stata posta dal comune di Marzabotto all’inizio del sentiero di Cà Dorino, che porta al rifugio di Monte Sole. Alla storia di Franco Leoni Lautizi è anche dedicato il cd “La vita in un cammino” prodotto dall’ Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra e registrato presso il SERMIG-Arsenale della Pace.