AGI - Una inchiesta per caporalato che diventa anche caso politico. Rosalba Bisceglia, 55 anni di Manfredonia, moglie del prefetto Michele Di Bari, originario di Mattinata e dal 2019 capo del Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, incarico da cui oggi si è dimesso, è destinataria infatti di una misura cautelare emessa dal gip di Foggia di obbligo di dimora.
"I fatti addebitati alla mia assistita, peraltro molto circoscritti nel tempo e nella consistenza - dichiara l'avvocato della 55enne - saranno al più presto chiariti nelle sedi competenti, dove potremo fugare ogni dubbio e, soprattutto, documentare l’assoluta estraneità della mia assistita a qualsivoglia ipotesi di sfruttamento dei lavoratori”.
La donna è titolare di una azienda agricola che produce olio d'oliva nel Gargano, ed è coinvolta con altre 15 persone nell’operazione contro il caporalato portata a termine dai carabinieri nell'ambito della quale sono state arrestate 5 persone, due ora in carcere e tre ai domiciliari. Oltre la sua, 10 le aziende coinvolte.
L’indagine della procura di Foggia affidata ai militari dell'Arma ha fatto luce su un sistema illegale di reclutamento, utilizzo e pagamento della manodopera messo in piedi da caporali e proprietari di aziende della Capitanata. Le sedici persone, coinvolte nell’inchiesta, devono rispondere, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
I lavoratori africani che coltivavaono i loro terreni erano sfruttati, vivevano in capanne e ruderi fatiscenti della baraccopoli dell’ex pista di Borgo Mezzanone, e i caporali pretendevano da loro anche del denaro sia per il trasporto, 5 euro, che per l’intermediazione, altri 5 euro.
Nel corso delle indagini, da luglio a ottobre 2020, gli inquirenti hanno verificato che un cittadino gambiano di 33 anni, già coinvolto in una operazione anti caporalato, anche insieme a un 32enne senegalese, era l’anello di congiunzione tra i rappresentanti delle aziende agricole del territorio nel settore agricolo e i braccianti.
Caporali, titolari e soci delle aziende avevano messo in piedi un apparato che gli inquirenti definiscono “quasi perfetto” e che andava dall’individuazione della forza lavoro necessaria per la lavorazione dei campi, al reclutamento, fino al sistema di pagamento, palesemente difforme rispetto alla retribuzione stabilita dal contratto nazionale del lavoro e dalla tabella paga per gli operai agricoli a tempo determinato della provincia di Foggia.
“Non basta che il capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Viminale si dimetta dal proprio incarico. Dopo anni di continue criticità, serve una vera svolta per mettere la parola fine alla scandalosa gestione dei dossier in capo al ministero dell’Interno che ha in Lamorgese la principale responsabile. Si dimetta o sia Draghi a rimuoverla", chiede il capogruppo FdI alla Camera, Francesco Lollobrigida.
“Sull'azione delle istituzioni non può esserci nessuna ombra. È per questo che apprezziamo la scelta del prefetto Michele Di Bari di dimettersi. Confidiamo nel rapido lavoro della magistratura e invitiamo i partiti ad evitare strumentalizzazioni politiche”, dice Giuseppe Brescia (M5s), presidente della commissione Affari costituzionali della Camera.
"Rispetteremo come sempre lo svolgimento delle indagini e il lavoro dei magistrati - sottolinea il senatore Leu, Francesco Laforgia - però ci aspettiamo che la ministra dell'Interno venga in Aula a riferire sulla vicenda e su quale sia lo stato delle direttive sul contrasto al caporalato, che da anni infesta in particolare le regioni del Sud Italia".
“Sbarchi clandestini raddoppiati. 100 mila arrivi negli ultimi due anni. Un’Europa, su questo tema, assente e lontana. E oggi le dimissioni del capo dipartimento dell’Immigrazione. Disastro al Viminale. Il ministro riferisca immediatamente in Parlamento”, insistono fonti della Lega.