AGI - Nel 2020 la preparazione degli studenti italiani è regredita rispetto all'anno precedente ma la colpa non è soltanto della didattica a distanza, bensì di un male storico della scuola italiana: la difficoltà di colmare i divari e le disuguaglianze dovuti anche alle differenze sociali tra gli alunni. È quanto osserva il Censis, nel capitolo sui processi formativi contenuto nel 55esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese.
Il 76% degli oltre 1.700 dirigenti scolastici consultati dal Censis è molto (29,8%) o abbastanza (46%) d'accordo sul fatto che la Dad, anche nella forma mista della Didattica digitale integrata, abbia solo accentuato le difficoltà della scuola nel contrastare gli effetti negativi dei bassi status socio-economici e culturali dello studente.
È inoltre molto diffusa l'opinione che il peggioramento delle performance sia conseguente a un uso della Dad basato sulla mera trasposizione online della tradizionale lezione frontale, senza una reale innovazione didattica (il 65,4% è molto o abbastana d'accordo) mentre il 62% lamenta un più generale deterioramento delle competenze, solo acuito dalla necessità di fare ricorso alla Dad.
Una percentuale di presidi analoga (65,3%) rimarca che con la Dad non si è riusciti a instaurare una valida relazione educativa, mentre il 59,5% imputa una responsabilità non all'uso della Dad in sè, ma al suo utilizzo in un periodo come quello pandemico, con tutto il suo portato di disagio per studenti e docenti.