AGI - Si commuove quando riceve e racconta l'abbraccio di Federica. L'arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, continua il suo giro a piedi tra le strade e le case delle periferie di Palermo. Dopo Danisinni, nel cuore della Zisa, è la volta di Brancaccio, il quartiere del parroco beato, l'inquieto e appassionato padre Pino Puglisi, ucciso dalla mafia. A illuminare i passi di don Corrado sono le luci dei bassi e l'accoglienza della gente dentro il buio pesto che all'imbrunire cala sugli 'Stati Uniti', estrema appendice del rione. Si chiama così, qualcuno racconta, perché in passato, allo snodo ferroviario che la separa dal resto della città, si sentivano molti dialetti come a Brooklyn.
Federica è giovanissima e porta in sé un dramma più grande della sua età: "Mi ha raccontato la sua storia - dice don Corrado - e dopo il giro delle case l'ho rivista in strada, mi ha abbracciato e ho sentito una energia grandissima. Quando ci lasciamo sconvolgere dai criteri del Vangelo, la strada diventa l'unico luogo in cui possiamo decidere che cosa dobbiamo fare del nostro Gesù, della nostra umanità; l'unico luogo nel quale rispondere alle domande 'Dove sei tu' e 'Dove è tuo fratello'". Non c'è altra scelta, avverte, rispetto alla necessità di "prendere parte visceralmente alla 'carne', alle vicende degli uomini e delle donne".
E' così, non c'è alternativa. "Chi vuole perdersi l'abbraccio di Federica?", è la domanda emozionata che è anche il senso della pressante sfida lanciata da don Corrado alla Chiesa, alla società e alla politica da questo lembo di terra senza luce, senza asilo e senza molti servizi essenziali. Brancaccio, e la sua proiezione sullo Sperone - travolto recentemente da una nuova retata antidroga, con la conferma dell'utilizzo di baby-pusher utilizzati davanti alla scuola - è la nuova tappa della presentazione itinerante del libro scritto a sei mani, dal vescovo di Palermo, dalla sociologa Anna Staropoli e dal teologo Vito Impellizzeri, "Il Vangelo e la strada", Edizioni San Paolo.
Don Corrado entra nelle abitazioni, parla con i piccoli, gli adolescenti e i loro genitori: in una c'è un bimbo affetto da una grave malattia che aveva espresso il desiderio di incontrarlo; in quella dopo una coppia sposata da 59 anni e che lo ha invitato per i 60 anni di nozze; in un'altra un affollato gruppo familiare con tanti bambini. Lo accompagnano le suore di Madre Teresa, avvolte dal semplice abito bianco con pennellate di azzurro, i volti sereni e buoni, e poi i volontari, fiaccole ostinate: loro ci sono sempre per la gente di Brancaccio.
"C'è una grande ricchezza umana - dice ad AGI, infine, il vescovo - una fede semplice, vera, una capacità di accoglienza fortissima in un clima di famiglia. Ho sentito un forte senso di appartenenza. Ci apparteniamo. Abbiamo condiviso vita, pregato insieme. Ma non possiamo fermarci qua". Più tardi nella parrocchia di San Gaetano sottolinea che "la periferia è il centro dell'interesse di Dio", ma deve esserlo, incalza, anche della politica, "che non può che ripartire da qui, dalla garanzia di servizi essenziali, di una piazza, di luoghi sani di ritrovo".
E' pure la sollecitazione della preside dello Sperone, Antonella Di Bartolo: "In sei mesi tre retate antidroga, con il coinvolgimento importante di bambini. I problemi dello Sperone sono di tutta Palermo, di tutta Italia. Eppure continua il disinteresse, l'asilo non ha mai visto la luce, nonostante i progetti all'avanguardia e le attese. Basta speranze deluse". E' anche il grido lanciato da una mamma dello Sperone, Marina: "Siamo stanchi di essere trattati da serie B. I nostri ragazzi hanno gli stessi diritti dei loro coetanei". "Anche a Brancaccio niente asilo, nonostante ci siano soldi e progetti, evidentemente è una scelta politica non occuparsi di questo quartiere", è l'affondo di Maurizio Artale, del Centro Padre nostro.
Valentina Casella è tra le anime dell'associazione I Care e di questo territorio: "Non abbiamo spazi, il nostro oratorio è la strada, tra le auto e l'immondizia. Non possiamo organizzare tornei, ma possiamo incontrare i bimbi dove sono, fare giocare genitori e figli insieme. Certo, vogliamo gli spazi, ma intanto dobbiamo impegnarci, serve uno sguardo nuovo". "Non siamo il pregiudizio che ci hanno affibbiato - prosegue Valentina - siamo bellezza che deve essere custodita: siamo i ragazzi che oggi sono fumettisti a Barcellona, che fanno gli assistenti sociali o sono poliziotti. Ognuno - è l'esortazione della giovane - faccia la sua parte".
Una prima risposta la dà il direttore della Caritas diocesana, don Sergio Ciresi, che ha raccontato "l'opera-segno" realizzata allo Sperone: gli alberi accanto alla scuola per dare ombra ai bimbi che uscivano dalla scuola sotto l'impietoso sole. Segno di una attenzione che a suo modo costruisce e protegge la bellezza. E il progetto finanziato con l'8 per mille per la realizzazione di centri d'ascolto con figure professionali e di un ambulatorio odontotecnico.
La sociologa Anna Staropoli spiega che il libro di cui è co-autrice e questa presentazione itinerante vogliono essere il tentativo di "accendere una luce sui territori dove non ci sono servizi, dove non c'è l'asilo; dove invece c'è un muro che chiude Brancaccio, simbolo dei muri che rompono la comunicazione e rendono invisibili. Bisogna restituire visibilità, diritti, servizi educativi, lavoro, spazi di crescita come giustizia riparativa". E sottolinea, tornando al punto iniziale: "C'è una sapienza della strada, dei ragazzi che vivono allo Zen, a Brancaccio, allo Sperone che siamo chiamati ad ascoltare; chi vive in strada coglie le cose, le risorse, la novità".
E' là che si sente, ha detto don Cristian Nuccio, parroco di Maria SS. Delle Grazie a Conte Federico, "il profumo dell'umanità". Il parroco di San Gaetano, don Maurizio Francoforte, indica un "ministero della prossimità", per una Chiesa che si fa prossima a tutti, senza edifici, itinerante". E' il sogno anche del teologo Vito Impellizzeri che parla di "disagio delle mura", dei "palazzi vuoti della Chiesa, molti sono diventati B&b, non sappiamo che farcene. Hanno la cubatura giusta per i poveri, ma l'urbanistica è sbagliata perché sono nei centri storici", lontani dalle periferie. "La povertà - ragiona - fa paura a tutti. Non respingiamo i migranti, ma la povertà e siamo convinti che le mura ci proteggano".
Teologicamente, spiega, "Dio non è mai stato in un palazzo... certo farebbe sensazione l'affermazione che Gesù non è nelle chiese... ma in effetti c'è solo se siamo insieme". E' chi vive nelle strade che "conosce la libertà". E' lì che incontriamo "l'umanità che profuma", le tante 'Federiche' per cui è necessario ripensare modelli pastorali e urbanistici, un nuovo impegno sociale e politico che metta al centro le tante periferie. Del resto, direbbe ancora don Corrado, "chi vuole perdersi l'abbraccio di Federica?".