AGI - Nell'ambito delle indagini relative all'omicidio di Nada Cella, la Procura di Genova ha autorizzato la Squadra Mobile alla diffusione di una conversazione telefonica anonima del 9 agosto del 1996, al fine di concorrere alla identificazione dell'ignota interlocutrice. Nell'audio si parla di una donna "sporca che ha infilato tutto nel motorino. L'ho salutata e non mi ha nemmeno guardato".
Qualche giorno fa la Procura aveva indagato per l'omicidio della ragazza Annalucia Cecere, oggi 53enne, segnando una svolta nella vicenda. Nei giorni scorsi era stato sequestrato anche un motorino custodito in un garage a Boves, in Piemonte, lo stesso che Cecere utilizzava quando viveva nel Tigullio, negli anni '90. Il garage è nella villetta dove oggi la 53enne vive col marito.
Il 6 maggio 1996 la segretaria di un commercialista viene trovata senza vita nello studio di via Marsala 14, a Chiavari. La giovane è Nada Cella e ha 25 anni. L'aggressione si stima sia avvenuta tra le 08:50 e le 09:10 di mattina. Sulla scena del crimine non vi sono segni di effrazione o tracce di colluttazione.
L'aggressione apparve da subito fulminea, ma efferata: un colpo dopo l'altro, senza tregua. Nada, agonizzante, ma ancora viva, viene trovata dal suo datore di lavoro, Marco Soracco, che quel giorno arriva in ufficio con una decina di minuti di ritardo, intorno alle 09:12.
Quando si accorge della giovane, riversa a terra in una pozza di sangue, si avvicina per capire cosa sia successo, le tocca il viso sporcandosi del suo sangue, e poi chiamai soccorsi alle 09:15. Subito dopo telefona alla madre, che abita con lui al piano superiore allo studio.
I soccorsi arrivano alle 09:20 e trovano Nada distesa a terra, scossa da brividi in tutto il corpo, con gli occhi spalancati e sangue copioso che fuoriusciva dalla bocca, dalle orecchie e dalle varie ferite presenti su volto e corpo. Alle 09:30 l'ambulanza arriva al pronto soccorso di Lavagna. Dopo alcuni disperati tentativi di salvarle la vita, Nada viene trasferita all'ospedale San Martino a Genova, dove muore alle 14:10.
Fin da subito è difficile indagare in maniera precisa e coerente sul caso, poiché la scena del crimine è stata alterata prima dai soccorritori (per posizionare Nada sulla barella spinale) e poi da Marisa Bacchioni, madre del Soracco la quale ha lavato, dopo essere passata da casa sua a recuperare l'occorrente, il vano ingresso dello studio, e le scale del palazzo, che si erano imbrattate del sangue della ragazza trasportata dai soccorritori fino all'ambulanza.
La prima persona a essere iscritta nel registro degli indagati è Marco Soracco, ipotizzando fosse un corteggiatore respinto. Poi viene indagata una condomina dello stabile, paziente psichiatrica, affetta da schizofrenia con aspetti paranoici, ma viene in breve tempo scagionata. Alla fine, dopo aver seguito diverse piste, nel 1998 il caso viene archiviato con Soracco e sua madre scagionati.
Ma nel 2005 si riapre il fascicolo, partendo dai diari della ragazza. Nel 2006 la Procura di Genova indaga per il delitto due muratori, coinvolti in un'inchiesta su un racket della prostituzione. Nel 2011 un ennesimo tentativo viene fatto con tre capelli che non appartengono alla vittima.
Ora, 10 anni dopo quel tentativo, la Procura di Genova - che a maggio scorso aveva riaperto il caso, facendo sapere di avere nuovi elementi, in particolare dna femminili e maschili trovati sulla camicetta della ragazza e sulla sedia dell'ufficio oltre a una impronta papillare - sembra essere ad una svolta: nel fascicolo degli indagati sono finiti Annalucia Cecere, il commercialista Marco Soracco, e l'anziana madre Teresa Bucchioni, questi ultimi due per false dichiarazioni al pubblico ministero.
La Procura ritiene che possa essere stata Cecere l'autrice del delitto: la donna, secondo quanto finora ipotizzato dagli inquirenti, sarebbe stata gelosa della ragazza. Tra gli elementi utili alle indagini, ci sono anche alcuni bottoni trovati all'epoca in casa dell'indagata uguali ad uno trovato sotto il corpo della segretaria. Le moderne tecniche investigative potrebbero mettere finalmente la parola fine ad un caso irrisolto dal 1996.