AGI - Dalla carbonara alle trofie al pesto, passando per le lasagne alla Bolognese e gli spaghetti alle vongole, sono molte le ricette regionali di paste diventate dei "must" in tutta Italia e in alcuni casi in tutto il mondo. Unione Italiana Food ha stilato una classifica delle 10 ricette più amate. Basti pensare al successo che oggi nel mondo hanno riscosso piatti come la carbonara, un’istituzione che ha conquistato le pagine del New York Times, o la lasagna alla bolognese celebrata dalla giornalista Samin Nostrat, nota food star della serie Netflix “Salt Fat Acid Heat”, che proprio sul noto quotidiano statunitense ha lanciato l’hashtag #TheBigLasagna per celebrare uno dei piatti più iconici della domenica e delle feste. E non da ultima la pasta al pesto che, con l’avvento del pesto in vasetto, negli ultimi anni è diventata una vera e propria mania in Uk.
Le 10 ricette portabandiera
I 10 piatti di pasta più famosi che sono riusciti a fare il “gran salto” dalla tradizione regionale alle tavole nazionali (e globali), tra grandi classici e nuove tendenze, in un viaggio immaginario che parte dal Nord, passando per il Centro fino al Sud.
1. Carbonara
Di certo una delle ricette più amate dagli italiani e imitate in tutto il mondo, tanto da avere un Carbonara Day a lei dedicato (6 aprile). Risale al 2021 la sua rivisitazione forse più azzardata, la “Smoky Tomato Carbonara” lanciata dal New York Times. Una carbonara di pomodoro affumicato che ha fatto infuriare i puristi. Ma non è necessario andare troppo lontano: anche in Italia sono tante le versioni delle carbonare sbagliate. Le sue origini sono incerte: due Paesi (Italia e Usa) si contendono la paternità del piatto contribuendo a creare una delle ricette global di maggiore successo. Per alcuni, la carbonara sarebbe nata nel 1944 dall’incontro fra la pasta italiana e gli ingredienti della ‘Razione K’ dei soldati americani (tuorlo d’uovo in polvere e bacon). Una seconda ipotesi ne attribuisce la paternità ai carbonai appenninici (carbonari in romanesco), che lo preparavano usando ingredienti di facile reperibilità e conservazione. La carbonara in questo caso sarebbe l'evoluzione del piatto detto "cacio e ova", di origini laziali e abruzzesi. Per i puristi esiste solo una maniera per farla e 5 ingredienti canonici: pasta, guanciale, pecorino, uovo, pepe.
2.Cacio e Pepe
La storia di questo piatto simbolo della romanità nasce tra i pascoli durante la transumanza. Durante il viaggio, i pastori dell’agro romano riempivano la bisaccia di alimenti calorici e a lunga conservazione come il guanciale, il pecorino, il pepe nero in grani e gli spaghetti essiccati. E non a caso: il pepe nero stimola i recettori del calore, respingendo il freddo. Il pecorino stagionato, data la sua lunghissima conservazione, non mancava mai, la pasta dava le giuste calorie e carboidrati. Negli anni la tradizione si diffuse in tutta la campagna laziale fino ai monti abruzzesi e umbri. Il passo da pasto a piatto fu molto rapido. Oggi è diventata un piatto tipico delle osterie romane ed è amata in tutto il mondo, oggetto di discussioni e diverse interpretazioni. Tra le più famose, la versione street food a frittatina, quella estiva con menta e limone fino alle più eccentriche con zucchine e mandorle o fagiolini e bottarga.
3.Trofie con il pesto
Dal genovese “strofissià” (“strofinare”), le trofie sono create strofinando l’impasto tra le mani. Sono le regine delle tavole liguri, evoluzione dello gnocco medievale a base di acqua e farina, cui nel tempo si sono aggiunte farine povere o altri ingredienti (patate, pane, crusca, farina di castagne). Nella versione secca, si ottengono con un impasto di semola di grano duro e acqua. Il condimento per eccellenza è il pesto alla genovese, preparato con basilico ligure, aglio, pecorino sardo, parmigiano reggiano, pinoli, sale, e olio extra vergine d’oliva della riviera. Talvolta il piatto si arricchisce con fagiolini e patate lessi, mentre nella zona di Recco è usanza aggiungervi le fave. All’estero è una vera e propria mania, soprattutto da quando è disponibile in vasetto a lunga conservazione, ma sono in tanti a cimentarsi nella preparazione fresca e, si sa, quando le ricette passano di bocca in bocca, e di blog in blog, perdono pezzi e ne acquisiscono altri decisamente particolari. Memorabile la versione con limone e pepe o quella cotta (il pesto non si cuoce).
4.Lasagne alla bolognese
Celebrata dal New York Times e dalla giornalista Samin Nostrat, che proprio sul noto quotidiano statunitense ha lanciato l’hashtag #TheBigLasagna invitando a condividere la propria versione, è tra le più antiche paste italiane. Il nome deriva dal lasanum, un antico contenitore di cucina. Oggi con il termine lasagna si indicano formati che variano da luogo a luogo in tutta la Penisola: le lasagne a nastro sono dette pappardelle in Toscana, lagane nell’area del Sud-Est; se sono più larghe si chiamano vincigrassi nelle Marche e sagne in Calabria. Quelle alla Bolognese sono considerate le regine della cucina italiana celebri in tutto il mondo. Si tratta di sfoglie di pasta alternate al ragù alla bolognese, con poca besciamella, ma le varianti sono davvero innumerevoli. Forse in pochi lo sanno, ma la vera sfoglia delle lasagne alla bolognese è di colore verde, perché prevede l’aggiunta di spinaci nell’impasto a base di farina e uova.
5.Bucatini all’amatriciana
Prodotti con semola di grano duro e acqua, oggi sono diffusi in tutta l’Italia. Sono tipici del Lazio ma si trovano anche in altre regioni con altri nomi, come in Liguria (Fidelini bucati) e in Campania (Perciatelli). Nascono come prodotto fresco preparato in casa, al ferretto, quindi di forma irregolare. Poi nel XXI secolo, con l’avvento del primo torchio per la produzione di pasta, iniziano a presentare un foro perfettamente centrato grazie all’utilizzo delle trafile. La ricetta più nota è sicuramente quella dei bucatini all’amatriciana. Per la città di Amatrice rappresentano un monumento gastronomico nel mondo, oggi specialità tradizionale garantita dall’Ue. Per la ricetta originale (anch’essa risiede nella tradizione pastorale della transumanza), si utilizza il guanciale di Amatrice soffritto e sfumato con vino bianco, pecorino locale, olio extra vergine di oliva, peperoncino, pepe o pomodoro, anche se i puristi non aggiungono quest’ultimo ingrediente, fedeli all’usanza di quel tempo in cui i pomodori non erano ancora diffusi in queste terre.
6.Spaghetto con le vongole
Piatto tipico napoletano, per tradizione protagonista della cena della Vigilia di Natale, di cui oggi si conoscono numerose varianti (bianca e rossa); una delle più note è tuttavia quella degli “spaghetti alle vongole fujite”, ovvero “fuggite”, di Eduardo De Filippo che di ritorno da uno spettacolo si vide costretto a preparare la ricetta con quello che aveva (spaghetti, pomodorini e prezzemolo). Le dosi abbondanti di prezzemolo davano comunque l’impressione di gustare una pietanza a base di vongole, senza vongole. Nonostante questa simpatica variante, questa ricetta è universalmente conosciuta e dotata del marchio PAT (Patrimonio Agroalimentare Tradizionale). Che sia con spaghetti, vermicelli o linguine, l’importante è che sia cotta al dente e poi mantecata in padella nel sauté di vongole, sfumate con vino bianco. Una delle varianti concesse in Italia è la versione “rossa” con i pomodorini freschi, ma sul resto anche i più aperti non transigono.
7. Pasta alla Norma
Piatto semplice con pochi ingredienti mediterranei. Pasta corta, solitamente maccheroni, salsa di pomodoro, melanzane fritte, una spolverata di ricotta salata e qualche foglia di basilico. Questi gli ingredienti della pasta alla Norma, ricetta tipica del catanese, dalle origini incerte. Sembra che questo nome sia stato battezzato dal commediografo catanese Nino Martoglio con riferimento alla “Norma”, celebre opera del compositore Vincenzo Bellini, conterraneo del commediografo e della pasta. Si tramanda che questa ricetta sia stata presentata pubblicamente per la prima volta proprio la stessa sera della premiere mondiale dell’opera di Bellini, il 26 dicembre 1831. Quel che è certo è il legame strettissimo tra la ricetta apprezzata in tutta Italia e la città etnea.
8.Orecchiette con le cime di rapa
Sono il più noto tra i formati di pasta cavata, tipica della Puglia. Le origini risalgono al periodo medioevale tra il XII e il XIII secolo, periodo della dominazione normanno-sveva, nella zona di Sannicandro di Bari. Considerata dote, con l'eredità passata di madre in figlia, le orecchiette si sarebbero diffuse nel resto della Puglia e in Basilicata. Agli Angioini nel Duecento dobbiamo il nome alla pasta che oggi conosciamo. Per prepararle si setacciano insieme le farine (semola di grano duro, ma anche farina tipo 0 e farina integrale) a cui si aggiunge l’acqua tiepida. Dall’impasto si ricavano dei cilindretti da tagliare a pezzetti e trascinare sulla spianatoia; il cavatello così ottenuto si risvolta su se stesso, realizzando la tipica conchiglietta. Questa forma è ottimale per accogliere i condimenti, che vengono ulteriormente esaltati dalla consistenza ruvida della pasta. La versione originale prevede cime di rapa fresche, peperoncino e acciughe, ma per i puristi è concessa anche la versione vegetariana senza acciughe. Tra le versioni più evolute, quella con le noci, con i pomodori o con l’aggiunta di mollica.
9. Pasta e patate
Un classico della cucina napoletana umile, risalente al XVII secolo e al Regno di Napoli, realizzato con patate e pomodori insieme alla pasta. Un altro ingrediente fondamentale era la scorza di parmigiano per recuperare gli avanzi di alcuni alimenti e come da tradizione va fatta con la pasta mista: è una usanza tramandata negli anni, tipicamente napoletana, tanto che fino a poco tempo fa era difficile trovarla negli scaffali dei supermercati del Nord Italia. A Napoli era la somma dei “resti“, raccolti nei porti, negli opifici che lavoravano la pasta, nei cassoni delle botteghe e nelle dispense delle case dei poveri. Nella storia, le prime apparizioni risalgono al 1773, nell’edizione de “Il Cuoco Galante” di Vincenzo Corrado. Bianca, col pomodoro, con la pancetta, con la provola, con le cozze, ai quattro formaggi: in questo caso, sono concesse tutte le varianti anche con il benestare anche di chi l’ha inventata
10.Pizzoccheri della Valtellina
La vera novità di questa Top Ten e degli ultimi anni. I turisti e gli stranieri in Valtellina sono soliti riportarli a casa come souvenir. Piatto simbolo della cucina valtellinese, oggi certificato IGP, con tutta probabilità i pizzoccheri nascono nel comune di Teglio (già nel 1548 si hanno le prime tracce letterarie), tanto che dal 2001 esiste una Accademia del Pizzocchero di Teglio. Ottenuto con acqua, sale, farina di grano tenero e farina di grano saraceno, l’impasto viene lavorato a lungo e lasciato riposare coperto. Si ottiene una sfoglia tirata, spessa due-tre millimetri, ritagliata in tagliatelle di uno per sette cm. Il Disciplinare prevede anche una versione secca, con l’aggiunta di semola di grano duro al grano saraceno. In entrambi i casi, la pasta viene cotta in acqua bollente insieme a verza e patate e in seguito condita con formaggi locali come il Bitto o il Casera DOP e irrorata con burro lasciato fondere con aglio e salvia. Nel caso in cui non si avessero a disposizione i formaggi tipici locali, è concesso condirli con taleggio e pere o speck e zucchine.