AGI - La Procura di Milano ha chiesto una seconda volta l'archiviazione dell'indagine sulla morte di Imane Fadil dopo che il gip l'aveva invitata a fare nuovi accertamenti su eventuali negligenze dei sanitari che l'avevano in cura.
La modella di origine marocchina, nota per essere stata una delle testimoni dell'accusa nel processo 'Ruby Ter', è morta l’1 marzo 2019 dopo essere stata ricoverata all'Humanitas di Milano per quella che poi si è stabilito essere una aplasia midollare, patologia rara e molto grave.
La giudice per le indagini preliminari Alessandra Cecchelli aveva respinto una prima istanza di archiviazione, accogliendo la richiesta dei legali della famiglia di Fadil perché riteneva "necessarie ulteriori indagini" per verificare se ci fosse un "nesso" tra la morte di Fadil e la condotta dei sanitari e per capire se "un accertamento più tempestivo della diagnosi della malattia" avrebbe impedito il decesso.
Esclusa sin da subito invece il possibile avvelenamento come causa della fine della giovane donna.
La giudice aveva quindi fissato un termine di sei mesi per le nuove indagini al termine delle queli il pm Luca Gaglio, si legge nel documento letto dall'AGI, non sono state rilevate "responsabilità di alcuno con particolare riferimento alle inequivocabili conclusioni a cui sono giunti i consulenti del pubblico ministero nell'integrazione di consulenza medico- legale depositata il 17 luglio 2021".