AGI - Nella furia del politicamente corretto, che ha condotto in tutto il mondo all'abbattimento di statue e monumenti sgraditi a questa o a quell'altra minoranza, c'è un comune italiano che sembra voler andare controcorrente.
E' Acireale, nel Catanese, dove una parte della cittadinanza, con l'avallo del sindaco pentastellato, vuole valorizzare le scritte del Ventennio fascista sui muri degli edifici.
"L'Italia è un esercito che ha conquistate molte vittorie e molte ne conquisterà", recita una di queste, che il logorio e la saggezza del tempo hanno provveduto a far sparire. Quando una cittadina se ne è accorta, ha approfittato della chiamata al bilancio partecipato (anch'esso destinato, se non regolamentato, a dare sfogo a follie populiste) per chiederne la valorizzazione, stimando in 5.000 euro il restauro (e altri 5.000 per un'altra scritta del genere, ne ha chiesti).
La giunta, guidata da Stefano Alì, eletto con il Movimento 5 Stelle, ha approvato il progetto, a discapito di parchi giochi e attività culturali, anch'essi oggetto di altrettante proposte ma non ammessi al voto.
La polemica, esplosa sul blog d'informazione Fancity su Facebook, è approdata in consiglio comunale e ha diviso al proprio interno la stessa giunta: se per il sindaco quelle scritte "hanno un valore storico", sarebbe "ipocrita" non valorizzarle e sono perfino un'attrazione per "i turisti che le fotografano"; per il neo assessore ai Lavori Pubblici, Giovanni Raciti, proveniente da una famiglia storicamente radicata nel Pci (il nipote Fausto è deputato del Pd), "chi siede come noi in quest'aula (parlava nel corso di un consiglio comunale del 7 ottobre scorso, ndr) in virtù delle battaglie per la democrazia non può far finta di nulla".
"Non si possono togliere dodicimila euro - ha aggiunto - alla scuola, ai bambini, alle strade, alla villa per far ridipingere delle cose".
Fuori dall'aula del consiglio, la polemica ha continuato a divampare su Facebook, tra 'nostalgici' del Ventennio, ferventi antifascisti e, la grandissima parte, cittadini perplessi di fronte alla proposta. Si potrebbe riderne, pensando a una riedizione in salsa sicula di Peppone e don Camillo (ma quest'ultimo non era fascista), se non che, tra i commenti, qualcuno ha ricordato che il fascismo fu una tragedia vera anche nell'isola e che la memoria degli ebrei deportati resterà offesa da quel restauro.
Ne sapevano qualcosa i Takoni, famiglia ebrea residente ad Acireale che nel 1940 venne deportata nel campo di Acquapendente, nel viterbese. Facendo i bagagli, preparandosi ad attraversare la città da cui erano stati cacciati, quella scritta - possiamo supporre - la videro anche loro, augurandosi che insieme a essa un giorno sarebbe scomparso il regime che l'aveva prodotta.