AGI - A vedere le immagini della Torre dei Moro, in via Antonini a Milano, l’edificio di 18 piani che nel tardo pomeriggio del 29 agosto è stato avvolto dalle fiamme, il pensiero va veloce all’incendio della Grenfell Tower, il grattacielo londinese divorato dal fuoco, la notte del 14 giugno 2017.
“Senza dubbio ci sono molte analogie” come spiega all’AGI, Paolo Rigone, docente di progettazione dell’involucro edilizio, dipartimento Abc del Politecnico di Milano. Le similitudini sono soprattutto “sulle modalità con cui si è sviluppato l’incendio, cioè in tempi molto brevi, partendo da un certo piano verso l’alto ma poi avvolgendo l’interezza dell’edificio.
Ed è un incendio che si è propagato essenzialmente sulla parte esterna dell’involucro, sulle facciate”. Nella Torre milanese, aggiunge, “c’era un sistema di ‘facciata ventilata’, significa che tra il ‘cappotto’ vero e quello del materiale isolante e il rivestimento c’è una intercapedine d’aria. Questa intercapedine facilita la propagazione delle fiamme. Ed è la stessa cosa che è accaduta nella Torre di Londra”.
Un’altra analogia potrebbe riguardare la causa scatenante dell’incendio. Nella Grenfell si parla del cortocircuito di un frigorifero. E a Milano, anche se è presto per avere certezze, sembra proprio che le fiamme siano originate da un cortocircuito nell’appartamento del 15esimo piano. “Le cause di incendio legate al corto circuito di apparecchiature domestiche è una delle principali cause, dunque è plausibile” sia accaduto proprio questo.
Si rischiava un cedimento strutturale?
“Conta capire dove è stato l’innesto dell’incendio, se è nato proprio in corrispondenza della facciata e poi si è propagato verticalmente. Quello che è successo a Milano ci fa capire che le misure anti incendio utilizzate per le compartimentazioni dei piani, per le vie di fuga e le scale anti incendio hanno funzionato perché l’edificio è stato evacuato senza conseguenze per le persone”. E questo significa anche che non c’è stata una propagazione interna, quindi la struttura non dovrebbe avere problemi di stabilità”.
Per come si è propagato l’incendio l’indice si punta sui materiali.
“E’ naturale che l’attenzione sia sulle facciate, sui materiali che sono stati utilizzati per il rivestimento, perché a vedere le immagini la propagazione avviene dall’esterno e lungo la facciata. Si dovrà capire quali siano stati i materiali usati per la facciata, qual era il grado di combustibilità”.
Cosa dice la normativa a proposito dei materiali da usare?
“La normativa è cambiata a cavallo del 2013, è diventata più stringente” e proprio questo potrebbe fare la differenza. In quanto “i materiali usati per la Torre dei Moro magari rispondono alle normative di allora, del 2011, quando fu costruita. La ‘regola’ dei vigili del fuoco che usiamo oggi, prevede l’utilizzo di materiali in facciata che abbiano un basso grado di combustibilità. Prima del 2013 non c’era questa regola specifica per le facciate e per i materiali isolanti e rivestimenti”. “Con i materiali che usiamo adesso c’è un controllo del rischio ma l’evento non può essere eliminato al 100%. Anche se oggi un evento come quello sarebbe molto improbabile”.
Dunque, “Il materiale può essere inadeguato in relazione a quello che è avvenuto e a quello che utilizziamo oggi, ma rispetto al 2011 potrebbe essere perfettamente allineato a quelle che erano le richieste normative di allora”.
C’è da dire però che la nuova normativa del 2013 è volontaria: “viene adottata volontariamente dal committente dell’opera. Anche se nella maggior parte dei casi, il Comando provinciale dei vigili del fuoco, in funzione della natura dell’edificio, l’altezza e altre caratteristiche, chiede di applicare questa normativa. C’è un confronto tecnico tra chi si occupa della progettazione e i vigili del fuoco per il rispetto delle misure anti incendio”.