AGI - “Bisogna riconoscere a Mario e alle altre 700 persone nelle sue condizioni quello che è un diritto negato perché in mancanza di leggi licenziate dal Parlamento fanno giurisprudenza le sentenze della Corte Costituzionale secondo la quale il suicidio assistito è affidato alle ‘strutture pubbliche del sistema sanitario nazionale’”. E’ il pensiero che il blogger e scrittore disabile Nicolò Cafagna, poco prima di morire, il 3 agosto, aveva espresso sulla vicenda dell’uomo di 43 anni, immobilizzato da un incidente, a cui il ministro della Salute Roberto Speranza ha assicurato il suo sostegno per il suicidio assistito dalle pagine della ‘Stampa’.
Parole che Cafagna aveva affidato all’AGI, non ancora pubblicate, che ora i familiari vogliono siano diffuse come ‘testamento’ di Nicolò, ucciso dalle conseguenze della distrofia di Duchenne che l’ha accompagnato dalla nascita per tutti i suoi 38 anni fino a costringerlo in un letto attaccato a un respiratore.
"La decisione più tosto della vita, altro che dolce morte"
Nicolò Cafagna non ha mai smesso di comunicare: attraverso l'ironia spietata e travolgente sui social, nel suo blog e nel libro ‘Storie a rotelle senza freni’ con prefazione di Marco Cappato, si rivolgeva a chi viveva una disabilità feroce come la sua, ma ancor più al disagio, alle timidezze e ai luoghi comuni di chi entrava in contatto con le persone fragili.
“Invito tutti a prendere coscienza della situazione dei tanti Mario – è la riflessione lasciata da Nicolò che si definiva “un ragazzo nel corpo di un centenario” – si parla di persone che hanno preso la decisione più tosta e sofferta della loro vita, che da lì a poco non vedranno più le persone care, passano le giornate in compagnia del dolore e a tutto questo devono aggiungere lo stress di dover fare i contri con un Tribunale a una Asl che devono pronunciare sul loro caso. Questo non significa certo una ‘dolce morte’. Perché così tante persone vogliono farlo allora? Perché è meno stressante e gravoso vivere la morte sapendo di poter recarsi in Svizzera, nonostante le difficoltà legate al viaggio e ai problemi a cui si può andare incontro rimanendo in Italia”.
Sull’inerzia del Parlamento: ”Se potessi mi metterei le mani tra i capelli. E’ sconcertante che dinnanzi a queste situazioni si volti dall’altra parte, lasciando gli ultimi in fondo alla classifica. Nel mio libro parlo di fine vita e di Piergiorgio Welby, mentre realizzo solo ora che sono passati 14 anni e di suicidio assistito neanche l’ombra”
Il ventilatore dottor Jeckill e Mister Hide
Nel suo libro, arrivato in pochi mesi alla seconda ristampa, Cafagna scriveva che “le apparecchiature sanitarie con le quali mi accompagno potrebbero diventare Dottor Jekyll e Mister Hide. “Mi riferisco al ventilatore al quale dovrei inginocchiarmi, sempre in termini metaforici, perché mi tiene in vita. In passato ho cercato più volte di seminarlo accelerando con la carrozzina in una scena alla Fantozzi, ma lui è sempre lì. Alla fine ho accettato quella fastidiosa presenza alle mie spalle perché è semplicemente vita, vita all’aria aperta, vita sociale. Tuttavia anche per il ventilatore c’è un ‘ma’ e il suo risiede nella straordinarietà: è così performante da riuscire a superare quel limite che io tanto temo, cioè tenere in vita un corpo che di vivere non ne vuole sapere. Si trasforma in accanimento terapeutico ed ecco Mister Hide”.
"Non giudicare ma immedesimarsi in chi decide"
Nicolò aveva ancora molta voglia di vivere, di continuare le presentazioni online del libro, di vedere gli amici dopo avere denunciato una lunga solitudine dovuta al ritardo della somministrazione del vaccino. Ma pensava al momento in cui la scelta sarebbe toccata a lui: “Voglio che ci sia libertà per tutti. C’è chi dice 'io mai!'. Il punto però è che una condizione così bisogna viverla prima di esprimersi, per questo anche nel mio libro invito a non giudicare, semmai a immedesimarsi con chi prende una decisione. Per quel che mi riguarda, nella situazione dell'accanimento terapeutico propenderei per passare nell’aldilà, ma, ripeto, è una decisione che si prende al momento. Per me la vita è tale finché è dignitosa, oltre quel confine viene a mancare il senso stesso della vita”.
“Nicolò era meraviglioso, vogliamo che le sua battaglie continuino a vivere. Abbiamo ricevuto affetto da ogni parte, ha seminato amore ovunque” dice la sorella Federica che è stata la sua ‘voce' quando la voce di Nicolò se n'è andata via ed era troppo affaticato per affidare la raffica di battute al sintetizzatore vocale. Aveva talmente abituato tutti alla sua allegria che quando ha scritto su Facebook di essere stato ricoverato all'ospedale di Monza per una polmonite, è stato preso in giro dagli amici. Se n'è andato con leggerezza, come tutta la sua vita, senza dover affrontare la scelta di Mario.