AGI - Massimo Adriatici non è a casa sua mentre alcune delle oltre 500 persone che marciano per la città ritmano in modo incessante lo slogan “Assassino, assassino” pensando al colpo di pistola con cui ha ucciso Youns El Bousseataoui davanti al bar ‘Ligure’ di Voghera. L’assessore alla Sicurezza è stato trasferito su richiesta dei suoi legali in una località segreta “a causa di fondati timori per la sua incolumità”. Il motivo, spiega l’avvocato Gabriele Pipicelli, è in un video diffuso sui social in cui un esponente della destra estrema locale mostra dove si trova l’abitazione del politico leghista. Adriatici continuerà a stare ai domiciliari per ‘eccesso colposo di legittima difesa’ dopo che il gip Maria Cristina Lapi ha accolto la richiesta della Procura di confermare la misura cautelare evidenziando il “pericolo di reiterazione del reato”.
Il giudice va dritto al punto per cui non può tornare libero: “Le modalità e le circostanze del fatto di reato contestato riflettono la pericolosità dell’indagato intesa come attitudine del medesimo a porre in essere reazioni sovradimensionate nel caso in cui si trovi in situazione di criticità. Ciò che si vuole evidenziare è che lo stesso Adriatici ha dichiarato di aver estratto la pistola dalla tasca in un momento in cui era ancora lucido e consapevole delle proprie azioni, prima che El Boussettaoui lo colpisse e prima dello stordimento. Tale azione appare decisamente spropositata a fronte di un uomo che lo stava aggredendo disarmato, nei cui confronti si è posto in una fase decisamente anticipata in una posizione predominante, ma in modo gravemente sproporzionato e creando le condizioni perché si addivenisse all’evento nefasto”.
Nel provvedimento, si fa cenno anche a un testimone secondo il quale Adriatici “da terra sdraiato allungava il braccio e puntava la pistola verso Younes per poi sparare”. Finora è l’unico tra i quattro sentiti e ritenuti significativi a riferire di una volontà esplicita di colpire da parte dell’assessore che, dopo avere detto in prima battuta di avere esploso il proiettile in modo accidentale, ha affermato in un secondo interrogatorio di non ricordare come sia partito il colpo che teneva in canna nella Calibro 22, senza sicura. Da piazza Meardi, dove l’assessore andava ogni sera a passeggiare per tenere a bada la sua gastrite, sempre dotato della pistola con regolare porto d’armi che presto gli sarà revocato, si è allungato il corteo animato per almeno per un terzo da cittadini della comunità islamica che hanno accompagnato gli abitanti della zona venuti su iniziativa individuale o raccolti dietro a varie sigle e associazioni, tra cui l’Anpi.
I cartelli: “Younes doveva essere curato, non giustiziato”; “Salvini, sei contento?”; No all’odio, sì alla pace”; “Ci armiamo tutti?”. Qualche minima tensione solo quando allo sbarramento delle forze dell’ordine qualcuno avrebbe voluto proseguire verso la sede del Comune. Una volta sciolto il corteo, qualche decina di persone ci sono andate lo stesso a ribadire gli slogan di giornata. Poi Voghera è tornata nel silenzio fitto di questi giorni. “La gente ha paura a uscire la sera, ha paura che qualcuno spari, che i marocchini siano arrabbiati - spiega all’AGI un ragazzo macedone - e anche i commercianti hanno paura ad aprire”. All’ora dell’aperitivo non c’era un bar dove potersi sedere in tutta la città. Una sorta di lockdown invocato ieri dalla sindaca Paola Garlaschelli che aveva chiesto ai negozianti di stare chiusi per evitare danni. Anche il sempre aperto ‘Bar Ligure’, gestito dai cinesi che non abbassano mai le serrande, questa volta si è arreso.