AGI - “Faceva il palo della banda dell’Ortica perché l’era el sò mestee”, cantava in una delle sue canzoni più conosciute il cantautore milanese Enzo Jannacci.
Ora la Cassazione spiega che, almeno dal punto di vista della giustizia, il mestiere del 'palo' con certe caratteristiche va considerato identico a quello di chi ha compiuto una rapina. Il caso è quello di L.M.N. che si è visto respingere il ricorso alla Suprema Corte contro la condanna a 3 anni e 4 mesi di carcere che gli era stata inflitta nel 2019 dal gup del Tribunale di Torino. Nel ricorso sosteneva di avere avuto “un ruolo marginale da palo” rispetto a quello di chi aveva compiuto la rapina nel supermercato, che era il fratello.
"È fuggito con lui e col bottino"
Nella pronuncia di due giorni fa, gli 'ermellini' scrivono che è “giustificato un identico trattamento sanzionatorio ai due imputati in quanto la loro personalità era per entrambi negativa (tanto da contestarsi la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale), il fatto era grave e il ruolo di palo assunto dal ricorrente non poteva essere ritenuto minimale perché egli aveva agito in pieno concorso con il fratello, essendosi travisato in volto e fuggendo con lui e il bottino, dimostrando pari intensità di dolo e mettendo in essere, nello specifico, una condotta rafforzativa non secondaria”.
In base alla giurisprudenza, i giudici scrivono che "l'opera del 'palo' non ha importanza minima nella esecuzione del reato poiché tale funzione facilita la realizzazione dell'attività criminosa e rafforza l'efficienza dell'opera dei correi, garantendo l'impunità di costoro".