AGI - Il Papa è intervenuto sul caso delle fosse comuni di bambini indigeni scoperte nei terreni di una ex scuola cattolica in Canada, dopo che il governo canadese aveva chiesto al Pontefice di presentare le scuse della Chiesa. "Seguo con dolore le notizie che giungono dal Canada circa la sconvolgente scoperta dei resti di 215 bambini, alunni della Kamloops Indian Residential School, nella provincia della Columbia britannica. Mi unisco ai vescovi canadesi e a tutta la Chiesa cattolica in Canada nell'esprimere la mia vicinanza al popolo canadese traumatizzato dalla scioccante notizia", ha detto Francesco al termine dell'Angelus.
"La triste scoperta accresce ulteriormente la consapevolezza dei dolori e delle sofferenze del passato", ha aggiunto Bergoglio, esortando le autorità politiche e religiose del Canada a continuare "a collaborare con determinazione per fare luce su quella triste vicenda e impegnarsi umilmente in un cammino di riconciliazione e guarigione".
"Questi momenti difficili - ha sottolineato il Papa - rappresentano un forte richiamo per tutti noi, per allontanarci dal modello colonizzatore e anche dalle colonizzazioni ideologiche di oggi e camminare fianco a fianco nel dialogo, nel rispetto reciproco e nel riconoscimento dei diritti e dei valori culturali di tutte le figlie e i figli del Canada. Affidiamo al Signore le anime di tutti i bambini deceduti nelle scuole residenziali del Canada e preghiamo per le famiglie e le comunità autoctone canadesi affrante dal dolore. Preghiamo in silenzio", ha concluso Francesco, invitando a pregare in silenzio.
Le fosse comuni sono state scoperte la scorsa settimana nel giardino della Kamloops Indian Residential School, British Columbia, aperta dalla Chiesa cattolica nel 1890 e rimasta attiva fino al 1978. Tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900, i bambini indigeni venivano strappati alle loro famiglie fin da piccolissimi per essere avviati all’”educazione cattolica” e bianca, quasi sempre in istituti gestiti dalla Chiesa.
Il premier canadese Justin Trudeau aveva parlato di “capitolo vergognoso della nostra storia”. L’istituto incriminato faceva parte di una rete canadese di scuole residenziali create per assimilare forzatamente i bambini indigeni, rimuovendoli dalle loro case e comunità, vietando loro di parlare la loro lingua madre o di praticare la propria cultura. Gli abusi fisici, emotivi e sessuali erano dilaganti all'interno di queste istituzioni, così come il lavoro forzato, la malnutrizione e devastanti epidemie di morbillo, tubercolosi e influenza.
E' un passato doloroso con il quale il Paese sta facendo i conti: almeno 150 mila bambini sono stati costretti a frequentare quelle scuole, vittime innocenti di quello che, nel 2015, la Commissione verità e riconciliazione ha descritto come una “cultura del genocidio” ai danni degli indigeni del Canada. Secondo la stessa commissione, nelle scuole residenziali si sono verificati 3.201 decessi, anche se il vero totale potrebbe non essere mai conosciuto a causa di morti non contabilizzate e documenti andati distrutti.