AGI – C’è sempre un chierico che tradisce, c’è sempre un profeta disarmato. Accade in tutte le rivoluzioni. Chiamiamole pure, se ci può aiutare, stravolgimenti radicali: la differenza è poca. Reinhard Marx non appartiene certo alla prima categoria, ma quanto alla seconda pare esserci dentro con tutti e due i piedi. Del resto quella della Chiesa, se non è una rivoluzione tentata, di certo è il progetto di uno stravolgimento radicale.
La prima tentazione, errata, sarebbe quella di definire le dimissioni del vescovo di Monaco e Frisinga un gesto di protesta, un colpo di testa, un atto di stizza se non di ribellione: non si lascia senza un vero perché la titolarità di una delle diocesi più antiche di Germania. Frisinga, più che Monaco: culla della coscienza storica dei cattolici tedeschi e sintesi del loro essere cattolici, ma anche tedeschi.
Nel Medioevo il predecessore di Marx era Ottone: zio del Barbarossa, sant’uomo e riformatore ma per sangue sia Babenberg sia Waibling, quindi guelfo e ghibellino al tempo stesso. Prima di arrivare a Frisinga, comunque, il cardinal Marx è passato da Treviri, e la cosa non poteva essere che quella vista l’enormità del cognome.
Colto come pochi - la cosa spiega come mai lo avesse nominato Benedetto XVI - di Ratzinger il riformatore incompreso è stato forse l’emblema principale nella sua stessa Baviera. Uguale anche una certa autoironia espressa però, per carità, sempre in modo intellettuale. Ci vuole un bel senso dell’humour a dare alle stampe, con quel cognome, un libro che si intitola “Il Capitale”.
Quel che più conta, la tesi è audace: il Marx dell’Ottocento, ci assicura il Marx del Duemila, mica aveva tutti i torti. Falliva miseramente nell’impianto materialista e nella cura offerta, ma l’analisi di quello che oggi conosciamo come turbocapitalismo non era certo fantasia.
Ora, è difficile immaginare che questo sia il motivo che l’ha spinto a lasciare. Basta vedere quel che Francesco ripeteva ancor qualche ora fa, e che ha messo nero su bianco nella Fratelli Tutti, per capire che sull’analisi sociale ed economica tra i due c’è indistruttibile sintonia. Il problema è un altro, anzi due.
Il cardinal Marx già vescovo di Treviri offre dunque le sue dimissioni, altro gesto molto ratzingeriano, come obolo e olocausto per il rinnovamento della Chiesa. Ma non manca di dire, e l’inciso suona quasi ad accusa, che la Chiesa ormai è ad un punto morto, ad uno stallo ed in un vicolo cieco. Davvero si può pensare che alluda solo ed unicamente alla lotta alla pedofilia?
Il centrismo dottrinale
Nessuno sarà mai disposto a dire che si è fatto tutto il possibile, per contrastare gli abusi, ma dire che si è finiti nelle secche è per lo meno ingeneroso. Ancora due giorni fa è stato compiuto un altro passo avanti: una nuova versione del diritto canonico che ha trasformato l’abuso sessuale in un reato contro la persona e non più contro la regola indicata dalla Chiesa. Sembra poco, invece è moltissimo: tutta la legislazione in materia ne uscirà stravolta.
Allora, cosa cruccia un uomo famoso per essere mite e vulcanico al tempo stesso? La Chiesa tedesca, in questi ultimi anni soprattutto, si attendeva molto da Roma. Dal punto di vista sociale, ma non solo. Non è unicamente questione delle frange avanzate del cattolicesimo progressista, come “Wir sind Kirche”, ma anche del mainstream istituzionale. Un’ansia di rinnovamento che abbraccia la morale, l’etica. Campi su cui le speranze, magari basate più sull’entusiasmo che non sulla realtà, erano andate accumulandosi fino a costituire un gomitolo di attese sempre più difficile da districare.
In più Francesco in persona, negli ultimi due anni, ha dato l’impressione di voler essere espressione di un centrismo dottrinale e pastorale che in pochi si sarebbero atteso da lui soprattutto all’inizio del pontificato. Il momento di svolta potrebbe essere individuato nella “Querida Amazonia”, dove il Papa non ha dato – contrariamente a molti auspici – il via libera ai viri probati ed alle loro potenziali funzioni sacerdotali.
Poco prima della pubblicazione dell’esortazione apostolica sul polmone verde del Mondo, Marx in persona apriva il sinodo della Chiesa tedesca dove invece trovavano sfogo molte delle istanze progressiste in materia di sesso e di famiglia e ruolo nella Chiesa stessa di donne e laici. Ma a Roma, si accusa adesso, han prestato orecchio di mercante.
La benedizione arriva lo stesso
Un esempio che la dice lunga, se è vero quel che si dice. Tempo fa esce un documento della Congregazione della dottrina della Fede. A domanda, in questi casi, si risponde. La domanda era: “La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?”. Secca e concisa. Risposta ancor più secca, e ancor più concisa: “Negativamente”.
Non si tratta solo del fatto che, come di prassi, domanda riposta e argomentazioni di supporto siano state viste dal Papa in persona, che ha dato “il suo assenso alla pubblicazione”. Si tratta di sapere chi quella domanda l’ha posta, e perché. Infatti si immagina, chissà se è vero, che l’interrogativo sia stato prima pensato e scritto in tedesco, e poi tradotto in latino e in italiano.
Con quale scopo? In questi casi, solitamente, si fa una cosa del genere per esercitare una pressione, forzare un dibattito, costringere qualcuno a venire allo scoperto pronunciandosi in modo chiaro e netto. E giustificare magari qualche altro passo successivo. Dopo il responso, forse non a caso, si è tenuta in Germania una giornata denominata “L’Amore vince”, che ha visto centinaia di sacerdoti (non una folla oceanica, dunque, ma nemmeno un gruppetto sparuto) benedire altrettante coppie omosessuali. Nonostante il no della Gerarchia.
Di tutte queste tensioni non c’è riferimento nella lettera di Marx, che parla della necessità di assumersi le proprie responsabilità morali (di altro tipo non ne ha, il sant’uomo) di fronte alla piaga della pedofilia che certo non ha risparmiato la sua Germania. Ma certo il sapore della rinuncia è quello della denuncia: da qualche parte c’è un Trotsky che lamenta la sua rivoluzione tradita. Anche se è un Marx passato da Treviri che parla di uno stravolgimento radicale mancato.