AGI - Renato Vallanzasca resta in carcere: la prima sezione penale della Cassazione ha confermato la decisione del tribunale di sorveglianza di Milano che, nel giugno 2020, aveva respinto la richiesta di Vallanzasca - condannato a 4 ergastoli e ad altre numerose pene detentive e detenuto nel carcere di Bollate - di poter accedere alla liberazione condizionale o alla semilibertà. La Suprema Corte, con una sentenza depositata oggi, ha rigettato il ricorso di Vallanzasca contro l'ordinanza emessa dai giudici milanesi.
Da Vallanzasca non c'è definitivo ripudio del passato
I comportamenti di Vallanzasca non sono allo stato "oggettivamente tali da riflettere il definitivo ripudio del passato stile di vita e l'irreversibile accettazione di modelli di condotta normativamente e socialmente conformi", sottolinea la Cassazione.
I giudici del 'Palazzaccio' condividono quanto già messo in luce dal tribunale di sorveglianza di Milano e, in particolare, la "mancata emersione di atteggiamenti del condannato che segnino, nei confronti delle numerosissime vittime degli innumerevoli e gravissimi reati, anche al di là di risarcimenti di tipo economico, pur possibili alla luce della non seriamente contestata percezione di somme di denaro per pubblicazioni, diritti di autore, anche per lo sfruttamento cine-televisivo dell'esperienza di vita del condannato, un'evidente ed effettiva resipiscenza".
Manca reale confronto con le vittime dei reati
Il "processo di recupero" del detenuto Vallanzasca "non è stato e non è oggi esente da incertezze e profonde contraddizioni, il cui apice è rappresentato - ricorda la Corte - dalla non remota recidiva delittuosa e dai complessivi comportamenti 'minimizzanti' assunti rispetto ai propri anche recenti comportamenti".
La sua "prolungata detenzione" (pressoché ininterrotta dal 1981, quando venne arrestato dopo la terza evasione) è inoltre stata "varie volte interrotta - si osserva nella sentenza di oggi - per benefici e misure premiali poi inevitabilmente revocati a causa dei comportamenti devianti del condannato, sicché non può certo dirsi che la privazione della libertà personale sia stata ininterrotta e senza possibilità di anticipata conclusione".
La Cassazione, in particolare, ricorda come, nel 2014, "ammesso alla semilibertà", Vallanzasca "ha nuovamente commesso il delitto di rapina che costituisce l'ordinario dispiegarsi della sua personalità criminale" e anche "l'avviato percorso di 'mediazione penale' - si rileva in sentenza - ha un carattere piuttosto astratto e a-specifico, in quanto caratterizzato da manifestazioni formali e senza un reale, pur possibile, effettivo confronto con le vittime dei reati".