AGI - Rinviae la seconda dose del vaccino Pfizer non è una buona idea. A dirlo, dopo che nel Lazio è stato deciso di posticipare di 15 giorni tutte i richiami per via della scarsità di dosi in stock,
"Il vaccino è stato studiato per una seconda somministrazione a 21 giorni. Dati su di un più lungo range di somministrazione al momento non ne abbiamo se non nelle osservazioni di vita reale, come è stato fatto in Uk. È una valutazione del Cts che delle sue basi, osserveremo quello che succede. Come Pfizer dico però di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici perché questo garantisce i risultati che hanno permesso l'autorizzazione". Lo ha detto a Sky TG24 Valeria Marino, direttore medico di Pfizer Italia, ospite di 'Buongiorno' in merito all'allungamento della finestra per la somministrazione della seconda dose.
"Dobbiamo studiare anche la necessità della terza dose - ha continuato - Abbiamo i dati che dimostrano la copertura immunitaria a sei mesi, dobbiamo osservare i successivi sei mesi Potrebbe essere possibile una terza dose ma forse anche non necessaria, a meno che non intervengano eventuali varianti, in quel caso una dose 'buster' potrebbe essere utile. Sul vaccino annuale bisogna essere molto cauti, potrebbe essere necessario entro l'anno o magari entro due".
Infine, ha ricordato come " gli studi dimostrino l'efficacia del vaccino sulle varianti, in particolare la sudafricana. Vale lo stesso su quella brasiliana. Possiamo sicuramente affermare l'efficacia del vaccini nei loro confronti. L'allarmismo è più relativo alla capacità di diffusione".
È di meno di una settimana fa, il 5 maggio, la comunicazione del ministero della Salute per lo slittamento della seconda dose di Pfizer. La circolare firmata dal direttore generale della Prevenzione Gianni Rezza trasmetteva il parere del Cts: "La somministrazione della seconda dose entro i 42 giorni dalla prima non inficia l'efficacia della risposta immunitaria", scrive il comitato, e "la prima somministrazione di entrambi i vaccini a RNA conferisce già efficace protezione rispetto allo sviluppo di patologia COVID-19 grave in un'elevata percentuale di casi (maggiore dell'80%)".
Inoltre, "in uno scenario in cui vi è ancora necessità nel Paese di coprire un elevato numero di soggetti a rischio di sviluppare forme gravi o addirittura fatali di COVID-19 - afferma il Comitato tecnico scientifico - si configurano condizioni in cui è opportuno dare priorità a strategie di sanità pubblica che consentano di coprire dal rischio il maggior numero possibile di soggetti nel minor tempo possibile". Il parere, si legge nella circolare, "potrà in futuro essere supportato da ulteriore approfondimento epidemiologico su: letalità per fascia d'età, infetti per fascia l'età (dati correnti delle nuove infezioni), stima degli infetti modellizzata anche rispetto ai dati dello studio di prevalenza".