AGI - "Anche se non avevo mio marito o mie familiari vicino a me, mi sono sentita a casa. Infermieri e medici sono speciali qui".
Francesca, 24 anni, mamma nonostante una emorragia cerebrale con afasia e disturbi motori, racconta all'AGI i suoi quattro mesi in piena pandemia al Cardarelli di Napoli, affidata alle cure dei medici dell'Unità Operativa Complessa di Neuroradiologia, diretta da Mario Muto, e dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia e Stroke Unit, diretta da Valentino Manzo, prima di partorire Gioia Maria con il team dell'Unità Operativa Complessa di Ginecologia e Ostetricia, diretta da Claudio Santangelo. Tre chili e 100 grammi di vita che ha portato a casa dal papà Raffaele e dal fratellino Emanuele, avendo ritrovato la parola e la deambulazione.
"I miei angeli", li chiama, dopo aver subìto una operazione e lunghe cure farmacologiche prima del parto per recuperare la sua salute e le sue facoltà appieno e per tutelare la bimba nel suo grembo. "Non ho mai dubitato dei risultati del lavoro di questa squadra - sottolinea sorridendo - mi sono fidata veramente e mi sono stati molto vicini, sia i medici che gli infermieri. Nel momento peggiore e anche dopo. Ringrazio tutti, davvero. Santangelo che mi ha voluto seguire nel parto e Muto e Manzo che lo hanno reso possibile".
Francesca era arrivata in ospedale poco prima di Natale, al quinto mese di gravidanza, con sintomi apparentemente legati a uno stroke ischemico. Un intervento delicatissimo, quello realizzato dall'equipe di Muto con l’obiettivo di salvarla, ma dosando farmaci e misurando i rischi per evitare problemi al nascituro. "Il mezzo di contrasto utilizzato durante la procedura di embolizzazione è stato minimo. Ci siamo tenuti bassi per non creare rischi al nascituro oltre che alla madre", spiega all'AGI proprio Muto.
A tracciare una mappa della complessità della situazione di Francesca, per l'AGI, è Santangelo. "Il rischio per la madre era anzitutto legato alla patologia durante la gravidanza, una patologia malformativa vascolare che poteva dare anche la morte. Questo genere di malformazioni con il progredire della gravidanza peggiora. L'intervento ha annullato la malformazione, occludendola, e azzerando il rischio durante la gravidanza. Al momento del parto, però, tutto diventa più critico sia per la madre che per la bimba non solo per lo sforzo che la la donna esercita ma anche per le variazioni di pressione connesse. E' stato difficile soprattutto per l'anestesista che deve tener conto della patologia. Anche il post intervento è complicato per le terapie di controllo della trombosi e delle emorragie che sono opposte e che devono essere ben bilanciate. Altra rischiosità c'è per il nascituro che rischia restrizioni nella crescita, e, nel parto, per la variazione di pressione anche l'emorragia e la morte. Bisogna infine calcolare bene il momento più propizio alla nascita, al troppo prima del termine della gestazione né troppo dopo".
Una storia, quella di Francesca, che, per il direttore generale, Giuseppe Longo, e il direttore sanitario, Giuseppe Russo, "serve da esempio per ricordare lo straordinario lavoro che su tutti i fronti viene portato avanti dal Cardarelli. Il Covid ha pesato molto sull’organizzazione dei servizi, ma non ha mai fatto venir meno la certezza di trovare qui, nei nostri reparti, una risposta pronta e concreta a ogni esigenza di salute".