AGI – I sintomi di Long Covid, la forma dell’infezione Covid-19 che può durare per lungo tempo, potrebbero essere legati a diversi fattori come l’età, l’indice di massa corporea (BMI) e il genere del paziente, oltre che al numero di sintomi comparsi durante la prima settimana.
Questo è quanto emerge da uno studio pubblicato su Nature e condotto dai ricercatori del King's College di Londra dell’University College di Londra, che hanno analizzato i dati di oltre quattromila persone risultate positive alla malattia e affetti dai sintomi a lungo termine di Covid-19.
“Circa il 2,3 per cento dei pazienti considerati – afferma Carole H. Sudre del King's College di Londra – ha mostrato sintomi a distanza di ben 12 settimane dalla diagnosi”.
Il team ha considerato 4.182 casi di Long Covid, definito come la manifestazione della malattia oltre 28 giorni, valutando le informazioni raccolte dai pazienti tramite l’app Covid Symptom Study nel periodo compreso tra il 24 marzo e il 2 settembre 2020, durante il quale oltre quattro milioni di persone si sono registrate sull’applicazione. Ai fini della ricerca, sono stati selezionati solo gli individui che soddisfacevano i criteri di inclusione per studiare la durata dei sintomi persistenti di Covid-19.
Stando ai risultati degli scienziati, il 13,3 per cento dei partecipanti ha riportato sintomi dopo 28 giorni, mentre circa il 2,3 per cento manifestava ancora difficoltà a distanza di 12 settimane dalla diagnosi, tra cui affaticamento, mal di testa, dispnea e anosmia. Gli scienziati sottolineano che la presenza di sintomi a lungo termine era più probabile nei casi di obesità, tra gli anziani e nei pazienti di genere femminile.
“Il nostro modello – sostiene l’autrice – potrebbe essere utilizzato per identificare gli individui che presentano un rischio più elevato di sperimentare Long Covid. Sappiamo che l’infezione può manifestarsi con un ampio spettro di gravità, che spazia dalle forme asintomatiche fino alla possibilità di decesso del paziente. Il nostro studio prospettico potrebbe contribuire a definire delle condizioni che rendono più elevato il rischio di sperimentare una forma grave di Covid-19 e individuare i metodi più efficaci per intervenire in questo senso”. I ricercatori hanno confrontato la durata dei sintomi con alcune caratteristiche associate alla condizione, come età, genere, indice di massa corporea e presenza di comorbilità.
“Tramite l’app Symptom Study – riporta Benjamin Murray dell’University College di Londra e coautore dell’articolo – abbiamo chiesto ai partecipanti di indicare quotidianamente il loro stato di salute, i sintomi e i risultati di eventuali test Covid-19. Abbiamo rilevato che gli individui con lungo Covid avevano maggiori probabilità di aver richiesto una valutazione ospedaliera durante la degenza. L’unica condizione preesistente significativamente associata alla manifestazione di sintomi a lungo termine sembrava essere l’asma”.
I sintomi più comunemente riportati oltre i 28 giorni erano stanchezza (97,7 per cento dei casi) e mal di testa (91,2 per cento), ma non mancavano casi di problemi cardiaci (6,1 per cento), difficoltà di memoria o concentrazione (4,1 per cento). “La maggior parte di questi effetti aggiuntivi – osserva Sudre – è stata segnalata a distanza di 3 o 4 settimane dopo la comparsa dei primi sintomi. Fondamentalmente abbiamo individuato due modelli di sintomatologia tra i pazienti con Long Covid: coloro che riferivano affaticamento, mal di testa e disturbi delle vie respiratorie superiori, come mancanza di respiro, mal di gola, tosse persistente e perdita dell'olfatto, e i casi con disturbi multisistemici aggiuntivi con febbre e sintomi gastroenterologici”.
“Gli individui che riportavano più di cinque sintomi durante la prima settimana – continua Claire J. Steves del King's College di Londra, terza firma dell’articolo – avevano più probabilità di sviluppare sintomatologie a lungo termine, e i più predittivi erano affaticamento, cefalea, dispnea, voce rauca e mialgia”. Tra i limiti della ricerca, gli autori segnalano il campione non rappresentativo dei partecipanti, costituito prevalentemente donne e adulti, e caratterizzato dalla sottorappresentazione della popolazione anziana. “Qualunque generalizzazione dovrebbe essere ben ponderata – conclude Murray – saranno, infatti, necessari ulteriori studi per comprovare i nostri risultati. È fondamentale quantificare il pericolo di Long Covid per distribuire in maniera ottimale le risorse sanitarie disponibili e adottare misure adeguate al recupero tempestivo dalla malattia”.