(AGI) “L’arruolamento per i giovani era l’unica possibilità di mobilità sociale. E quando c’è una violenza diffusa si diventa parte delle milizie anche per proteggersi”. Per Luca Jourdan, docente di Antropologia all’Università di Bologna sono passati quattro anni dall’ultima visita in Congo, ma immagini e ricordi certo non si cancellano. Per mesi ha vissuto nella regione del Nord Kivu dove sono stati uccisi l’ambasciatore italiano a Kinshasa, Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci. Nel ‘taccuino’ del professore i racconti dei miliziani e delle tribù congolesi, oggetto delle sue ricerche. Ora l’antropologo è ‘bloccato’ a Bologna dal Covid. Ma appena possibile tornerà sul campo, "una 'terra di nessuno', racconta all’AGI, contesa da bande rivali e tribù armate dove la sopravvivenza, spesso, è una mano vinta alla roulette".
Si è mai sentito in pericolo in quell'area del Congo?
"Fare ricerca in Congo non è facile. Quando ero là mi basavo su una rete di amici congolesi e missionari italiani che conoscevano molto bene il territorio. Quando c’erano problemi mi avvisavano magari consigliandomi di trasferirmi per qualche giorno in Uganda: in una 'una zona grigia' dove regnano i doppi giochi non è facile orientarsi. Occorre avere una sorta di intelligence locale per capire come muoversi”.
Di cosa si occupava nei suoi studi?
“Cercavo di intervistare i leader miliziani ed ex combattenti per capire la dinamica dei conflitti in questa regione. Una ‘guerra’ piena di sfaccettature dove interessi economici sono linfa del conflitto. Ho capito che ci sono molteplici fattori. C’è il tema delle risorse minerarie contese tra le bande, ma anche tra parti corrotte dell’esercito. Poi c’è la ‘mano lunga’ di Uganda e Ruanda sui preziosi minerali del Congo".
E' possibile una soluzione al conflitto tra le tribù in lotta nel Nord Kivu?
"Ci sono molti popoli sfollati che devono fuggire dai loro villaggi. C’è la competizione locale per la terra. Infine uno Stato che non ha il controllo della regione e una missione della Nazioni Unite chiamata Monusco (“la più costosa nella storia dell’Onu”) presente sul territorio dal 1999 che non ha dato frutti. Tutto cioò rendoe la regione del Kivu molto pericolosa a causa di un conflitto che si autoalimenta e non si risolve con uno schiocco di dita, ma tende a perdurare perché frutto di tensioni molteplici”.
Sopravvivere diventa un talento quindi?
“Mi ha colpito che i congolesi nonostante tutto tirano avanti tra mille difficoltà, la loro resilienza è enorme”.