AGI - Si avvia da oggi alla stretta finale la requisitoria dei pubblici ministeri al processo in Corte d’Assise a Taranto relativo al disastro ambientale contestata all’Ilva sotto la gestione del gruppo industriale privato Riva. Questa mattina riprenderà a parlare il pm Mariano Buccoliero, uno dei quattro pm del processo, che ha cominciato lo scorso 1 febbraio e sinora è andato avanti per 6 udienze distribuite in 2 settimane. Dopo il pm Buccoliero, interverranno i pm Giovanna Cannarile, Raffaele Graziano e Remo Epifani. Le richieste dei pm alla Corte (presieduta da Stefania D’Errico, a latere Fulvia Misserini) sono attese per dopodomani.
Nella prosecuzione della requisitoria da oggi, finiranno sotto la lente dell’accusa altri aspetti della vicenda, come il ruolo di alcuni ex pubblici amministratori locali imputati nel processo, nonché quello dei cosiddetti “fiduciari” di Riva (persone a cui la proprietà aveva delegato il controllo di funzioni importanti) e gli incidenti mortali sul lavoro.
Nel processo ci sono 47 imputati, 44 persone fisiche e 3 società, le quali rispondono per la legge sulla responsabilità amministrativa delle imprese. Associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele in materia di sicurezza sul lavoro, corruzione: ecco i principali reati contestati. Tra gli imputati, ci sono Nicola e Fabio Riva, ex proprietari ex amministratori della fabbrica, ma anche l’ex presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola.
Nelle precedenti udienze, il pm Buccoliero è stato durissimo sulla gestione della fabbrica da parte dei Riva. Che nel 2013 - quasi un anno dopo il sequestro degli impianti dell’area a caldo da parte del gip di Taranto - il Governo “estromise” affidando la conduzione del gruppo ai commissari. Per il pm, “Ilva ha trasmesso dati ambientali tutti falsi prima del sequestro degli impianti. Questo non ci meraviglia. Sono state falsificate tutte le analisi per trasmettere una cokeria ad emissioni zero. Si è falsificato per ottenere l’Autorizzazione integrata ambientale del 2011”.
Secondo Buccoliero, “quell’Aia del 2011 ha recepito in modo integrale tutto quello che diceva Ilva, con i limiti delle emissioni parametrati allo stato impianti che era disastroso. L’Aia del 2011 è frutto di una violazione di legge”. “Nel rione Tamburi di Taranto - ha detto ancora il pm Buccoliero - il PM10, che contiene due pericolosi inquinanti cancerogeni come diossina e benzoapirene, è cominciato a calare solo dopo il 2012,cioè dopo il sequestro degli impianti”.
Aspetti critici relativi all’impatto ambientale, che anni dopo su ulteriori vicende che riguardano sempre l’area a caldo, la più impattante dello stabilimento, sono richiamati anche nella sentenza pubblicata sabato scorso dal Tar di Lecce, che ha confermato l’ordinanza di un anno fa del sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, che impone lo spegnimento degli impianti perché inquinanti, e rigetta i ricorsi di ArcelorMittal e Ilva in amministrazione straordinaria. Il Tar ha dato ora all’azienda 60 giorni di tempo, dalla pubblicazione della sentenza, per fermare gli impianti così come ordinato dal sindaco. ArcelorMittal impugnerà il provvedimento del Tar al Consiglio di Stato.