AGI - “Di solito il mio locale è pieno, questa sera no. Ho una clientela benestante, senza problemi a spendere, che ora non viene non per paura del Covid ma per non farsi vedere, forse anche per timore dei controlli”. Tano Simonato è il proprietario del ristorante stellato ‘Tano passami l’olio’ in via Petrarca nel centro di Milano desolato come può esserlo in una serata di zona rossa.
A differenza dei colleghi che hanno aderito all’iniziativa ‘Io apro’ venerdì scorso, ha scelto di alzare la serranda tre giorni dopo per esigenze legate agli ingredienti della sua cucina. Sono una decina gli avventori che gustano le sue specialità e conversano in un clima rilassato ai tavoli.
“Aprire per me non è una protesta ma un’esigenza di sopravvivenza”, racconta all’AGI spiegando che poco conta in questo frangente potersi fregiare di una stella per stare più tranquilli.
“Ho tante di quelle spese che nemmeno si possono immaginare, un buco da 500mila euro e dei debiti perché a novembre 2019 ho fatto dei lavori di ristrutturazione. Poi dopo tre mesi mi hanno chiuso tutto e non ho recuperato quei soldi. I ristori? Quello che mi danno lo incasserei in tre serate normali”.
Nel corso dell’intervista, Simonato tiene abbassata la mascherina che invece indossa, come tutti i suoi dipendenti, quando gira tra i tavoli : “Mi da’ fastidio, ma non sono negazionista. Il Covid esiste ma dico che ci stanno prendendo in giro perché ci vogliono duemila morti al giorno per parlare di una pandemia, c’è di mezzo altro. Non lo dico io ma persone autorevoli che è stato creato probabilmente in laboratorio e che gli ospedali prendono più soldi dai malati Covid che dagli altri. Non è possibile che ora si muoia solo di Covid. Influenza, tumori. Non esiste più nulla?”. Passa la moglie e, dirigendosi verso i clienti coi piatti in mano, lo redarguisce con asprezza: “Basta parlare di Covid, parla del ristorante”.
Il diktat coniugale va a segno. Simonato si congeda accompagnandoci alla porta, alle 22 chiude e domani, assicura, riaprirà.