AGI - È morto di Covid all’età di 64 anni, dopo 15 giorni passati a lottare nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale Cattinara di Trieste, e non può essere seppellito, per un cavillo burocratico, nella zona che ospita religiosi musulmani nel cimitero di Udine e vicino ai suoi cari.
È la vicenda che denunciano i parenti di Salah Jbairi, di origine marocchina e cittadino italiano, in Italia dal 1980, padre di 5 figli con 11 nipoti, nonché Imam di Portogruaro e di Codroipo. Per anni ha lavorato come operaio presso un'azienda agricola e gli mancavano appena due anni alla pensione.
La salma di Jbairi si trova da due giorni ferma nell’obitorio dell’ospedale di Trieste perché il comune di Udine non permette la sepoltura nel proprio cimitero se non a residenti.
Salah Jbairi era invece residente nel comune di Varmo, in provincia di Udine, e nella stessa zona abitano tutti i suoi parenti che vorrebbero avere vicino il luogo di sepoltura del loro caro.
“Nel comune di Udine esiste uno spazio adibito ai defunti di fede islamica ma per cavilli burocratici di competenza territoriale non dà il nulla osta per i funerali – ha detto il figlio della vittima, Zakaria Jbairi – ad oggi non sappiamo ancora dove seppellire mio padre”.
“La cosa che più dispiace è che molti sindaci non mandano in deroga il proprio regolamento comunale in materia cimiteriale per i musulmani – ha detto all’AGI Yassine Lafram, presidente dell'Ucoii, l'Unione delle Comunità Islamiche di Italia - basta una deroga per poter ospitare la salma di questo Imam. Un cavillo burocratico rappresentato dalla residenza come se non ci fosse uno stato d’emergenza con una pandemia in corso. Tra l’altro si tratta di una vittima di Covid e la sua patria di nascita è il Marocco che non accetta salme causate dal Covid. È comunque un cittadino italiano, i suoi figli sono nati e cresciuti in Italia e vorrebbero seppellirlo vicino a loro, nel reparto islamico del cimitero comunale di Udine”.