AGI - Sono arrivate in Italia le prime 47 mila dosi del vaccino Moderna, che vanno a sommarsi alle 993 mila dosi finora consegnate da Pfizer/Biontech. Ma a fronte di un numero sempre superiore di fiale, potrebbe mancare chi quelle dosi dovrà inocularle, oppure i vaccinatori potrebbero costare decine di milioni in più rispetto ai 534 milioni stanziati dalla Legge Bilancio per pagare i nove mesi di contratto.
Il bando messo a punto dal commissario straordinario Domenico Arcuri prevede l'assunzione di liberi professionisti, svincolati da altri contratti. In particolare, l'obiettivo era organizzare un esercito di 3 mila dottori e 12 mila infermieri.
Ma sta accadendo esattamente il contrario: esaminando le domande arrivate finora, 14.800 sono i medici che si sono resi disponibili a vaccinare, mentre gli infermieri sono solo 3.900. E ciò a fronte di un compenso, quello dei medici, che è più del doppio di quello degli infermieri. Se così fosse i costi del servizio lieviterebbero.
Alla base della scarsa adesione degli infermieri ci sono motivi ben precisi. Al bando possono aderire solo gli infermieri liberi professionisti perché i dipendenti di qualunque professione sono esclusi. Gli infermieri liberi professionisti sono circa 60mila, quelli del tutto "puri" (senza cioè nessun altro tipo di attivita'), circa 31mila.
Ma per questi, in quanto "privati" non è prevista alcuna priorità di vaccinazione e, quindi, essendo gli infermieri mediamente giovani (comunque al di sotto dei 60 anni), sarebbero tra gli ultimi nella lista dei vaccinandi, correndo quindi un alto rischio di contagio per loro e per gli stessi assistiti che dovrebbero vaccinare.
È per questo che la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) "ha inviato una lettera-appello al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, ai ministeri della Salute e degli Affari regionali Roberto Speranza e Francesco Boccia, al Commissario Domenico Arcuri e al presidente delle Regioni Stefanio Bonaccini in cui si lancia un triplo appello", spiega all'AGI Barbara Mangiacavalli, presidente di Fnopi.
La Federazione, che è in attesa di un riscontro, ha sottolineato come sia fondamentale "accelerare l'accesso all'immunizzazione delle priorità vaccinali degli infermieri che operano a qualsiasi titolo sul territorio".
In secondo luogo, "nella professione infermieristica ci sono circa 60 mila infermieri liberi-professionisti, che sono anche quelli di elezione per la partecipazione ai bandi per reperire operatori che possano somministrare i vaccini, purché questo avvenga in sicurezza, e che quindi, con i corretti presupposti, potrebbero integrare il numero degli attuali soggetti vaccinatori".
Queste categorie di infermieri "non sono spesso considerate in analogia con il personale sanitario dipendente e quindi non hanno alcuna priorità per la vaccinazione, restando fortemente esposti - e con loro le persone assistite - al virus e al relativo contagio, pure essendo già da inizio pandemia in prima linea, soprattutto proprio nelle strutture territoriali che ospitano i più fragili e nel caso della somministrazione di vaccini a contatto con infinite eventuali fonti di contaminazione".
Infine, Fnopi sottolinea nella lettera la necessità che al più presto questi professionisti "siano considerati alla stregua dei loro colleghi dipendenti tra il personale da sottoporre al più presto e prioritariamente alla campagna di vaccinazione e chiede anche che venga riconosciuta loro analoga premialità a quella riconosciuta agli infermieri dipendenti".
Sul tema è intervenuto anche Giuseppe Carbone, segretario generale della Fials, la federazione italiana autonoma lavoratori della sanita', in occasione dell'esame in Commissione Igiene e sanità del Senato, sulla figura dell'infermiere di famiglia.
"Non è che gli infermieri disertano il bando di Arcuri, ma semplicemente non ci sono, anche a causa dell'imbuto formativo. E quelli che ci sono - spiega Carbone - sono stanchi di essere trattati come professionisti di serie B".
"Fermo restando la reale necessità di reclutare infermieri e assumerli con contratti non precari vista la pregressa carenza di decine di migliaia di infermieri nel Servizio sanitario nazionale, servono proposte reali. Tanto più che riceviamo segnalazioni dai territori di infermieri che si sono resi disponibili alle Aziende di appartenenza per partecipare alla campagna, ma nessuno gli risponde".
"Si faccia ricorso alla possibilità, per gli infermieri dipendenti del Servizio sanitario regionale - prosegue il segretario generale della Fials - di effettuare, al di fuori dell'orario di lavoro e in deroga a quanto previsto in tema di esclusività del rapporto di impiego, attività professionale anche presso il territorio e nelle Rsa, previa stipula di una convenzione tra le strutture e l'Azienda sanitaria di riferimento che disciplini le modalità di svolgimento".